Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

La mia prima volta (La vita)

Tempo di lettura 5 minuti

<- La mia prima volta

Quando Marco mi fece provare non sembrava nulla di che. Alla fine lo facevano tutti, o almeno lo facevano le persone che io ritenevo le più intelligenti, le più sensibili, quelle di cui preferivo circondarmi. Ero un ragazzo, eravamo tutti ragazzi e sembrava una cosa figa.
Provi. Tanto hai tutta la vita davanti, anzi ai tuoi piedi. Perché a quell’età non hai idea di cosa sia la vita ne davanti ne dietro, sai cos’è l’oggi, l’adesso. Il domani tuttalpiù è il tempo che ti separa tra l’adesso e un evento interessante. Non sapevo ancora che un giorno sarebbe diventato un mondo di possibilità, di scelte, di fatica, fino a quel giorno non esisteva, e basta.
Il gioco è stato divertente, quando me lo ha proposte mi sono chiesto “cosa succede se provo? Cosa se non provo?”. L’unica risposta che mi sono dato è che se non lo avessi fatto sarei stato uno sfigato, che Marco non mi avrebbe considerato all’altezza. E così l’ho fatto.
Sapevo perfettamente non fosse una cosa di quelle cose che fanno i bravi ragazzi ma non avevo mai ambito ad esserlo, sinceramente non mi piacevano le categorizzazioni, quindi neppure questa. Ero consapevole che proprio il mio essere intelligente ed attento mi rendeva in grado di controllare la situazione e di non rischiare troppo tutto quello che i grandi dicevano fosse pericoloso o senza via di ritorno. Non sono mai stato una persona da festoni e casino ma questa esperienza mi univa comunque di più al piccolo gruppo di amici, non farlo me ne avrebbe probabilmente allontanato, tanto valeva provare. Non ne rimanei particolarmente colpito, non che facesse schifo o che fosse privo di effetti ma nella mia breve vita avevo provato vari generi di emozione, questo era uno dei tanti. Andrea invece lo trovava entusiasmante, la cosa più bella che mai avesse provato nella sua vita diceva, Marco stesso che ne era il promotore era rimasto stupito dalla reazione di Andrea.
All’epoca facevo atletica leggera, avevo iniziato qualche anno prima ed avevo fatto qualche garetta amatoriale, nei primi anni l’allenatore mi aveva fatto fare un po’ di tutto, lancio della pallina, velocità, salto in lungo, salto in alto. Io adoravo il salto in lungo anche se ero un po’ scarsino. Il calcio non mi piaceva e gli sport di gruppo non erano il mio forte. Forse per il fatto che portavo gli occhiali e quindi non ci vedevo benissimo o più probabilmente per attitudine, sono sempre stato un po’ un solitario. Uno di quei giorni l’allenatore mi chiese di partecipare ad una gara per il fine settimana. Non mi disse la specialità e io non ci feci caso. Avrei dovuto aspettarmelo che mi avrebbe giocato uno scherzo ma non ci pensai. Era inverno e la gara sarebbe stata una indoor, c’era una piccola pista al coperto che veniva montata in fiera ricordo che il numero del padiglione fosse il 18 prima che li rinumerassero tutti. La pista era di gomma su una struttura di legno, era lì che ci allenavamo ed era lì che si sarebbe svolta la gara, non era la prima che facevo. Quando arrivai chiesi quale fosse la specialità e l’allenatore rispose corsa ad ostacoli.
“Non l’ho mai fatta!” dissi.
“C’è sempre una prima volta” mi rispose.
“E se non riesco? E se inciampo e mi faccio male? E se…”
“Ce la farai” disse.
“Ma non mi ci sono mai allenato!”
“Ce la farai” ripeté nuovamente.
Dentro di me scattò qualcosa di nuovo. Un misto di paura, quasi terrore e di sfida. Un misto di non posso farcela e di devo farcela. C’è sempre una prima volta aveva detto, c’è sempre una prima volta.
Ricordo i blocchi di partenza, da quel punto gli ostacoli sembravano un lungo corridoio. Guardandoli dal basso tutti quei rettangoli uno dentro all’altro sembravano un tunnel. Avrei dovuto passarci sopra, ovvio, ma trovai affascinante l’idea. Alla fine della pista, lunga solo una sessantina di metri, c’era la salita che ero abituato a fare in curva. Nelle piste indoor spesso la pista tonda è di soli duecento metri invece dei classici quattrocento e le curve sono rialzate ed inclinate per permettere agli atleti di girare con un raggio così stretto. La pista degli ostacoli si trova al centro di questo cerchio, posta in maniera longitudinale e termina su quella che è la curva. Guardare tutto questo da quel punto è stata una delle emozioni più grandi che avessi mai provato. Ricordo il vuoto ed il silenzio assoluto tra le parole
“Ai vostri posti”.
“Pronti”
Il tempo si era fermato mentre il giudice poco distante da me alzava la pistola.
Poi finalmente lo sparo.
Non ho idea di come sia andata la gara, sicuramente non sono arrivato primo e neppure ultimo, ma era la sensazione dell’energia che mi spingeva oltre ogni ostacolo, il sentire l’odore della pista, il vedere il tempo rallentato passo per passo, passo per passo, l’ostacolo avvicinarsi e passare dietro.
La sera stessa volevo raccontarlo ai miei amici, era la sensazione più bella che avessi mai provato. Andrea invece era più spento del solito, voleva andare al parchetto anche questa volta, io ci sarei anche andato ma non a fare quello che voleva fare lui, ci sarei andato a chiacchierare e raccontare, ma ancora più volentieri sarei andato a fare un giro in centro in mezzo alla gente, bere qualcosina e poi are gli scemi in piazza Dante. O al cinema per dire. Lui voleva viaggiare invece.
Non ho mai capito perché trovasse il suo viaggiare così importante, fondamentale. Nel tempo lo vidi allontanarsi sempre di più, non era facile tenerlo vicino, non era facile cercare di fargli capire che anche andare al cinema a vedere un bel film poteva essere un viaggio, non che i suoi fossero brutti ma vedevo il mondo come una quantità enorme di esperienze diverse da provare. Potevo anche comprendere che la mia amata corsa ad ostacoli non fregasse niente a nessuno, non obbligavo tutti ad amarla dicendo che chi non la capisce non capisce come funziona il mondo.
Nessuno di noi ha mai demonizzato necessariamente dividersi tra divertimenti classici e divertimenti in stile Andrea, ma ci sembrava stupido dover rinchiudere tutto nel trovare un modo di fuggire dalla realtà. Fuggire, viaggiare, ha un suo perché, un suo fascino ma anche la realtà ha un suo perché.
Nel tempo tutti noi abbiamo smesso. Io anche per la questione che per gareggiare dovevo mantenere il mio corpo e la mia testa pulite, non sono mai diventato un campione ma ci credevo davvero. Così alla fine alcuni di noi si sono persi, altri si sono tenuti in contatto. Qualche volta ho ancora incontrato Andrea, non è mai sembrato essere cresciuto, si vestiva ancora come un adolescente era semplicemente invecchiato nelle stesse vesti. Un adolescente invecchiato. Dimostrava realmente parecchi anni di più di quanti ne avesse tra l’altro. L’ho rivisto ieri al supermercato con suo padre, sembravano entrambi molto stanchi, lui in particolare stentava quasi a farsi capire biascicando le parole. Mi chiedo se mi abbia riconosciuto davvero o se abbia finto di ricordarsi.
Non so cosa abbia vissuto da quando ci siamo allontanati, come sia andata la sua vita fino ad ora né come proseguirà, penso solo che forse sia stato semplicemente meno fortunato di me, che avrei potuto essere io al suo posto.
La realtà è che non lo saprò mai.

La mia prima volta (L’anima) ->
La mia prima volta (Il Sangue) ->

Disclaimer su racconti e poesie

Tutto ciò che leggi qui dentro è una libera rielaborazione di vissuti, sogni e immaginazioni. Non rispecchia necessariamente la mia realtà. Se chi legge presume di interpretare la mia vera persona, sbaglia. Se chi legge presume che tutto sia inventato, sbaglia parimenti. Se tu che leggi mi conosci, leggimi come leggeresti uno scrittore sconosciuto e non chiederti altro di diverso di ciò che chiederesti di questo.

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