Oggi ho fatto uno strano percorso, un po’ per caso. Google ha attivato una funzione nuova su google maps, qualcosa che mostra le mappe che hai visitato in precedenza, e così un po’ per caso sono capitato di nuovo a l’Aquila.
Ci ho passeggiato con Street View, ho passeggiato in quelle vie che ricordo ancora come fossero le vie della mia città, la zona rossa che ricordo meglio delle vie di dove abito ora da pochi mesi. Ho camminato da piazza del duomo, giù verso il palazzo del governo e ancora fino ad arrivare sul ciglio della strada a vedere dall’alto i palazzi, e a seguire la strada fino alla casa dello studente.
La differenza è stato che per la prima volta ho visto i palazzi intatti, ricordo ancora ogni crepa, ricordo i palazzi per arrivare alla casa dello studente, uno con un piano crollato in un ala e quindi con un ala abbassata rispetto al resto, uno con gli apartamenti che si vedevano da dentro, ricordo le case sventrate, quella vasca da bagno, quell’accappatoio ancora appeso, e per la prima volta ho visto tutto intatto.
Il guaio è che non c’è poco o nulla oggi di intatto e quelle immagini risalgono a ben prima del terremoto, risalgono a ben prima di come la ricordo, di come si è impressa, incisa nella mia anima e mi sembra di poter girare le strade e guardare un palazzo e poter dire “andatevene, tra poco questo palazzo non esisterà più”, “andate via, questa parete crollerà”, “uscite, questa casa cederà”…
L’emozione è tanta ed è strana, è come vedere un’altra città, ed invece sto vedendo quello che doveva essere, che doveva continuare ad essere, quello che vogliono farci credere che sia ancora.
Non so se sarebbe più giusto eliminare quelle immagini o preservarle per sempre come ricordo indelebile di come era, certo bisognerebbe far vedere al mondo come stanno le cose nella realtà, quanto è stato ricostruito davvero.