Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

Silenzioso deserto

Osservo attorno a me. Sabbia e deserto e null’altro, e silenzio. Nessun uomo ha mai visto il deserto come lo sto vedendo io ora, nessun uomo ha mai vissuto il silenzio come lo sto vivendo io.
Ed è pace eternamente immobile. Non c’è vento qui. Non c’è pioggia. Non c’è vita.
Questo è il primo momento in cui posso davvero guardarmi attorno senza l’ansia di cosa possa accadere, prima dell’ansia di cosa possa accadere. Ironico che sia anche l’ultimo momento che passerò qui. La prossima volta sarà qualcun’altro al mio posto, o forse chissà un giorno…
Da qui il mondo è così piccolo, infinitesimo. Come guardare uno di quei souvenir che si comprano nelle grandi città: la Tour Eiffel in una sfera di cristallo, il Colosseo. Una sfera di cristallo da prendere e ruotare per vederci scendere la neve.

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Le sfiorò le mani

Era una serata come un’altra, come mille o come nessuna. Attorno le auto in movimento erano poche, finite le feste la gente era ormai stufa di andare in centro ed era il momento giusto per frequentarlo prima che alla gente tornasse la smania degli acquisti grazie ai saldi.
Era in piedi, era ormai il momento di salutare gli amici dopo una serata piacevole seppur breve, s’era parlato di ogni cosa, di forse e di ma e di certo e di altro ed ancora. Una serata come altre. Di fronte a lui a ridere e parlare un vecchio amico, e due nuove e la distanza frapposta della novità, del non essere nella zona di confort seppure confortato da una situazione piacevole.

Lui le sfiorò le mani. Voleva sentire solo la consistenza di quei guanti di pelle morbida e niente altro. Lui le sfiorò le mani e mentre le sfiorava le mani il mio sguardo cadde su quelle quattro mani, sulle due a stringere le altre due, e sullo sguardo di lui.

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“La solitudine”

Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori dal comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza e mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere.

Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,
tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente, o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia solo una traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni.

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Racconti

La fine del mondo

Ommioddio, io non ci credevo.
Non potevo crederci ne volevo…
è l’alba e mentre sale il sole vedo distruggersi il mondo che conosciamo.
All’orizzonte mentre arriva la luce vedo arrivare il buio, vedo le fiamme nere come la morte impossessarsi dei palazzi e dei campi.
Chi è già sveglio cerca di scappare inutilmente ma io me ne sto qui in attesa,
fuggire è ormai inutile.
Inutile tentare di sopravvivere al destino.
Molti di voi non leggeranno mai ciò che sto scrivendo, molti di voi non vedranno mai più la luce,
ma saranno i più fortunati,
saranno quelli che probabilmente non soffiranno,
neppure se ne accorgeranno.
Gli altri, ammesso che qualcuno sopravviva,
si sveglieranno in un mondo distrutto,
un mondo che non è più quello in cui si sono addormentati.
Avevano ragione,
avevano tutti ragione.
L’unico rimpianto è quello di non avere installato Instagram sul mio smartphone.

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Ricordi aquilani

Oggi ho fatto uno strano percorso, un po’ per caso. Google ha attivato una funzione nuova su google maps, qualcosa che mostra le mappe che hai visitato in precedenza, e così un po’ per caso sono capitato di nuovo a l’Aquila.

Ci ho passeggiato con Street View, ho passeggiato in quelle vie che ricordo ancora come fossero le vie della mia città, la zona rossa che ricordo meglio delle vie di dove abito ora da pochi mesi. Ho camminato da piazza del duomo, giù verso il palazzo del governo e ancora fino ad arrivare sul ciglio della strada a vedere dall’alto i palazzi, e a seguire la strada fino alla casa dello studente.
La differenza è stato che per la prima volta ho visto i palazzi intatti, ricordo ancora ogni crepa, ricordo i palazzi per arrivare alla casa dello studente, uno con un piano crollato in un ala e quindi con un ala abbassata rispetto al resto, uno con gli apartamenti che si vedevano da dentro, ricordo le case sventrate, quella vasca da bagno, quell’accappatoio ancora appeso, e per la prima volta ho visto tutto intatto.

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Abruzzo… articoli interessanti

Tre articoli interessanti…

L’Aquila moribonda: un SOS all’Europa

Siamo agli inizi del quinto mese dal rovinoso sbriciolamento díuna intera città e dalla fuga in massa dei suoi abitanti. Il motto più diffuso, variamente utilizzato in questa o quellíoccasione, è stato ìLíAquila feritaî. Dalle ferite si può guarire o, invece, morire per infezione: ed è purtroppo questa seconda terribile ipotesi che sta consolidandosi sullo spettrale sfondo della città, la cui

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Ritorno dall'Abruzzo

Sono tornato da pochissime ore a questa “realtà”, al nostro comune mondo reale, alla comodità, alla Casa.
Casa… in questi giorni quante volte a noi volontari è venuto spontaneo nominare la parola casa?
Là non ci sono case.
Ci sono tende, di tende ce ne sono quante ne volete, ma case, no, quelle sono finite mi spiace.
Ho passato una settimana nella tendopoli di Civitatomassa, un piccolo paese di provincia, con persone amiche tra loro, cresciute assieme, persone che si conoscono poi mi è stato chiesto di restare con almeno parte della mia squadra a Piazza D’Armi la tendopoli più grande, più famosa, più mediatica.

Potrei scrivere per ore delle persone stupende incontrate, delle stupende squadre di cui ho fatto parte, del lavoro magnifico di alcune associazioni quanto di quello pessimo di altre, dell’importanza strategica di Agesci e di mille altre cose, potrei parlare delle tante poesie scritte, della pioggia, del sole, potrei parlare dei ragazzi che laggiù danno il sangue per aiutare quella gente, potrei parlare del suo sguardo, potei parlare degli amici incontrati, dei rapporti, di infinite cose, potrei forse scriverne libri, potrei parlare delle case crollate che ho visto, del crollo delle istituzioni con i palazzi, delle macerie, di quell’accappatoio ancora appeso, della stanza della piccola Francesca.



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Dark City

Qualche giorno… osettimana?! …il tempo è andato avanti… ho visto Dark City, era ora effettivamente dopo nove anni che è uscito….
Devo dire che mi è piaciuto molto. Già a primo impatto mi piace la sua atmosfera dark, sempre nel buio, sospesa un un tempo che potrebbe benissimo essere un momento a caso tra gli anni 30 e il futuro, molto stile Batman di Tim Burton, che per me è una pietra miliare.
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Questa è la trama “John si risveglia e scopre con orrore che una donna è stata uccisa nel suo appartamento, ma lui non ricorda più nulla della propria vita, se non alcune immagini confuse. Scappa immediatamente dalla propria abitazione e tenta di ricostruire poco a poco il suo passato, mentre la polizia gli da la caccia. Nel suo pellegrinaggio nella città scopre però degli strani avvenimenti: la notte i palazzi cambiano forma e chiunque tranne lui in città cade in un sonno profondo.



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