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Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

In viaggio sul cammino di Santiago: Secondo ritorno alla realtà

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“Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardrate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?
E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.”
-Vangelo di Matteo. 6,25-29-

Oggi è il secondo giorno di realtà dopo un’altra settimana di cammino. Abbiamo superato la metà del percorso. Le Mesetas di inverno sono state un cammino strano rispetto alla prima parte. Paesi deserti, negozi chiusi, bar chiusi. Partire e non avere la certezza di avere un posto dove fermarsi. Però è stato bello così. Perché?
Siamo abituati nella vita ad avere paura. Ad avere paura di restare con il cellulare scarico, ad avere paura di finire all’ospedale con le mutande sporche, ad avere paura di essere impreparati, ad avere paura di non avere abbastanza cose. Andiamo in vacanza e ci chiediamo se abbiamo abbastanza magliette, usciamo e abbiamo paura di non avere abbastanza soldi, abbiamo paura di non sapere cosa fare sta sera e di annoiarci, abbiamo paura che di non essere pronti, abbiamo paura che le cose non siano pronte.
Sul cammino si impara il contrario. Avere tutto pronto, avere molte magliette, molte mutande, il powerbank, il telefono carico, molta acqua, cibo di riserva, scarpe di riserva, la macchina fotografica, le batterie di ricambio, lo zaino pieno di cibo, il detersivo, il cuscino, la coperta… diventa tutto peso inutile. Essere preparati diventa peso inutile. Vedo ogni volta persone che dopo una o due tappe abbandonano oggetti, vestiti, scarpe in ostello perché il peso è troppo da portare sulle spalle. Sentirsi pronti per ogni situazione diventa peso inutile. Meglio due paia di mutande, due magliette, due paia di calzini. Una addosso e una sullo zaino ad asciugarsi. E se non si asciugano? Troverai qualcosa. Una asciugature, oppure accetterai di poter finire all’ospedale con le mutande sporche. Tanto quando cammini dopo un ora è comunque tutto sudato. E se c’è freddo? Se le scarpe si rompono? Se finiscono le batterie? Ci sono i negozi, ci sono altri pellegrini come te disposti ad aiutarti, ci sono gli ospitaleros, qualcuno o qualcosa ti aiuterà. Nessuno resta senza aiuto. E se finisce la batteria del telefono? Forse puoi imparare a lasciarlo spento in una tasca, a guardare il cielo con i tuoi occhi e non con quelli dei filtri di Instagram, puoi reimparare a ricordare le cose senza che siano su un social network, puoi imparare a raccontarle senza condividerle su uno schermo. Là ci sei arrivato anche se nessuno ne non hai inviato la prova a tutti, là ci sei arrivato per te stesso non per mostrare di esserci stato.
Sul cammino puoi imparare ad essere semplicemente te stesso, semplicemente vero. Senza le sovrastrutture della società moderna, senza le paure della società moderna, semplicemente camminando, andando avanti, facendo strada.
Il difficile, poi, è riportare tutto quello che hai imparato a casa. Tenerlo nello zaino della vita ed imparare che anche a casa non hai bisogno di tutto quello che hai abbandonato sul cammino.
Forse servirebbe ad usare meno l’auto, a consumare meno energia, a spendere meno soldi inutili, a muoversi di più, ad avere bisogno di meno cose, a rendere il mondo migliore.

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