
Il mio cervello corre, corre.
Persone convivono, vivono, corrono in ogni direzione.
Razionale irrazionale.
Corre.
Per strada mi ritrovo a fare strade che non ho mai fatto ma che conosco,
strade nuove, vecchie, sconosciutamente conosciute.
Ci sei tu che corri nel cervello.
Corri, corri come non mai,
-ho letto da qualche parte che una pallottola che attraversi la testa ed entri diagonalmente finisca per girare radente al cranio e ruotare per tutto esso all’interno-
Corri e ti guardo e rido a vederti correre.
Nella mia testa.
Non posso chiudere nel cassetto una cosa così grande che non mi ci sta in testa.
Non posso chiudere nel cassetto qualcosa di così grande senza chiudere un pezzo di me.
Esplode nella testa come razzi la razione di irrazionalità che avevo nascosto razziando nella mia mente ogni relazione alla reazione del pensiero della tua immagine.
Dovrei fare pace col cervello se il cervello volesse far pace con me, se la testa non esplodesse di dolore come se non ci stesse più in sé come se il sé fosse solo un se o il se fosse sé, senza ma.
Mi accorgo di aver parlato del mondo, di aver parlato di me, di aver scritto ogni cosa ma non di te, o del tè o del significato che ha in me.
Corre corre ancora il cervello e la testa scoppia s’accoppia si copia sincopa si.
Una mia parte lo sa, l’altra l’accetta, l’altra si scontra, l’altra si affretta.
Fugge non va salta, lo fa.
Perché non ammettere ciò che è?
Perché se fosse partirei verso quel luogo che ho sempre voluto e nascosto e fuggito e impaurito.
Perché se non fosse sarebbe un gardner il proiettile.