Staipa’s Blog

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Sulla musica italiana moderna. Soprattutto sulle produzioni.

Tempo di lettura 4 minuti

si, ho scelto un brano un po’ poco “classico della musica italiana” e un artista un po’ troppo “fighetto” come esempio di buona musica italiana, ma devo ammettere che sono quindici anni che aspetto di dire questa cosa.
Da quando è uscito il primo album di Grignani.

Premetto che Grignani non mi piace in genere se non appunto per il primo (e il secondo) album.
Mi sono sempre chiesto perché questo album sia così bello, e il resto delle sue produzioni mi faccia addormentare.
Mi sono chiesto perché come questo album ci sono alcuni album di musica italiana che acolterò altre mille volte e alcuni che invece dopo poco mi annoiano terribilmente.
Ho analizzato la cosa più volte.
I testi sono diversi? No, Grignani in questo album non ha usato tesi particolarmente migliori di altri artisti, ne melodie particolarmente accattivanti.
C’è qualcos’altro. Qualcosa che c’è nella musica buona e che oggi si sta perdendo.
Un giorno poi ho conosciuto il produttore di questi due album, tale Massimo Luca, (chitarrista tra le altre cose di Battisti e della gran parte dei cantautori più famosi e produttore di molti album di buon livello) il quale mi ha parlato di atmosfere. Mi ha parlato di come si, sia valida la regola che una canzone bella è bella anche solo con chitarra acustica e voce e che difficilmente una canzone che non sia bella così sarà bella in altre versioni, si ma la produzione è fondamentale.
Il suono.
Il suono.
La ricerca del suono.
Sono tornato ad analizzare quell’album prodotto da lui e questa canzone.
La chitarra che parte lenta, nulla di complesso, ma la tastiera sotto che fa da tappeto inizia a creare un atmosfera, siamo distanti dal mondo, staccati, distaccati.
La voce inizia filtrata, anch’essa distante, come un pensiero, come un altro mondo.
L’andamento è molto simile a quello della chitarra e della voce.
Al secondo 29 dopo un giro la voce prende coscienza di se, perde il filtro e inizia a decidere cosa vuole fare “ed allora volo via”, entra la batteria, entra la decisione. Ma sempre con dolcezza. Parte il viaggio.
Ma il brano non è ancora del tutto lanciato, siamo ancora all’inizio del viaggio.
Al secondo 56 parte sul serio. Poteva essere semplicemente chitarra acustica e batteria ed invece una chitarra elettrica cantilentante, apparentemente inutile contribuisce alla creazione dell’atmosfera che non viene mai lasciata andare a se stessa.
Al secondo 1.29 si torna a sognare, si torna di nuovo all’inizio dopo aver intrapreso il viaggio, si ricomincia a vedere il mondo in un modo diverso, e così i suoni si ripetono apparentemente, ma la chitarra sotto è diversa, più elaborata, arpeggia invece di cantilenare, i suoni sono più aperti, più chiari, anche nel ritornello il suono è più aperto.
Dopo il ritornello invece di tornare all’inizio il viaggio continua con un solo della chitarra che ricorda il volo, che sarebbe adattissimo ad immagini in volo radente dall’alto, e i suoni che salgono e scendono in modo cantilenante continuano a ripetersi per quanto riguarda le note, ma con un suono aggressivo e velocizzati, mantenendo compattezza del brano ma dando carica e significato diverso.

La trovo un capolavoro.
Sarebbe stato lo stesso se l’attenzione fosse stata tutta alla voce e per nulla al suono?
Questo è un brano talmente ben costruito che anche togliendo la voce si reggerebbe da solo. Talmente ben costruito a livello di produzione che nemmeno il suo autore (ufficiale) non è mai riuscito a ripetersi, tanto da abbassarsi a chiedere di nuovo anni dopo il successo al vecchio produttore (che però non ha accettato) di aiutarlo a produrre il nuovo album.
Ma questa canzone è e resta nell’anima di molti italiani.

La gran parte della musica prodotta invece in questi ultimi venti anni e sempre più non resta. Perché?
Ho preso un’artista a caso tra quelli che quest’anno parteciperanno a San Remo.
Neomi.
Sono convinto (e se vorrete ne parleremo tra quindici anni, ma anche tra due) che questo brano


La sua vocalità è indubbiamente superiore a molte delle cantanti che girano, ma la musica? La musica ha solo lo scopo di supportare la voce. Musica piatta.
Togli la voce e resta un giro blues a caso, che cambia giusto un po’ per il ritornello.
Stimo molto la voce, la tecnica vocale di Noemi, più di quanto si possa stimare la banalità della voce di Grignani, e forse come cantante farà strada, ma il brano, il brano specifico non durerà perché non c’è musica, perché non c’è un atmosfera elaborata e costruita ad arte, così come nella gran parte degli artisti italiani di ora.

Restano alcuni “eccessi” come può essere Morgan (che poi si ri fa al colossale Battiato), e Max Gazzè che arrivano ad un uso maniacale delle atmosfere (che io amo ma che all’ascoltatore medio fa fastidio) e pochi che abbiano un equilibrio.
Equilibrio che un tempo esisteva e che ci ha regalato la gran parte dei brani indimenticabili e indimenticati dei vecchi mostri sacri della musica.

La cosa brutta è che programmi come X-Factor e dintorni non fanno che puntare sulla voce e non sul gruppo, sul suono, sulla produzione, sull’atmosfera, sull’insieme.
Fa figo essere il cantante, non il bassista, non il tecnico audio, non il mixerista, non quello che costruisce il brano, ma quello che ci mette la faccia.
Con tutto il rispetto per i cantanti, visto che ce ne sono alcuni (due dei quali ho citato) in grado di essere al contempo musicisti e produttori, e forse con meno rispetto per altri musicisti (me compreso forse) che si limitano a suonare e non a costruire un brano.

Mi mancano le buone produzioni.
Mi mancano i buoni suoni.
Mi manca la buona musica.

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