Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

I bei tempi andati

Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati,
non la ricerca di un futuro irrealizzabile,
non amare un passato ideale
non sacrificare giorni per un forse.

Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati,

quando tra qualche anno ti guarderai indietro,
quando dovrai fare i conti con quello che è stato,
quando non potrai più avere un futuro davanti

Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati
e vanno vissuti come tali,
ogni istante,
ogni istante.

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L’ombra davanti

C’è qualcosa in più dell’ombra lunga che si trova davanti a te al mattino
o di quella che si trova alle tue spalle man mano che il sole tende all’orizzonte.

E non importa a che punto della volta celeste sia il sole
-tanto non lo saprai che all’ultimo-
fai che sia sempre alle tue spalle,
e se sarà alto in cielo fermati e guardati dentro.

Sia l’esperienza a prendere e l’esperienza a creare.

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Guidare il potente mezzo

Il più vecchio ricordo che ne ho credo si a di me seduto sul sedile dietro. Ero talmente piccolo da potermi rannicchiare e starci nella zona al di sotto del finestrino. All’epoca non c’erano ancora i sedili rialzati per i bambini e non erano neppure obbligatorie le cinture di sicurezza davanti o dietro che fosse, gli appoggia testa erano un optional. Li avrebbe installati mio padre qualche anno dopo. Gli interni erano di un materiale diverso dalla stoffa grigia che li ricopre ora, ricordo che vi fossero degli interni di un materiale plastico, forse vinile. Era rosso. Mi sentivo al sicuro lì dietro e osservavo il mondo dal piccolo finestrino laterale. Attaccati c’erano due adesivi tondi. La copertura in vinile aveva un piccolo buco. Ci giocavo, infilavo il mio piccolo dito e immaginavo che dietro ci fosse un altro mondo, un giorno ci è finita dentro Birba, la mia piccola action figure della gatta di Gargamella dei puffi.

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Itaca

Non li ho compiuti oggi trentacinque anni, è già passato qualche giorno.
Era un tempo del bilancio nella mia testa, di progetti di sogni, di desideri, di obbiettivi.
Sono falliti tutti. Dal primo all’ultimo.
Eppure sono felice.
In procinto di cambiare lavoro abbandonando un progetto che amo ancora durato quasi dieci anni, in procinto di proseguire sul mio grande sogno nonostante le mura alte che lo hanno circondato, in procinto di provarne un’altro più incredibile e assurdo, in continuo cambiamento.
In continuo cambiamento.
Oggi mi è ricapitata in mano, Itaca di Costantino Kavafis, o più precisamente mi è stata fatta ricapitare in mano, è curioso se penso quando e come ne sia venuto a contatto la prima volta. Era l’inizio della mia libertà, della mia vita in qualche modo adulta. La leggevo e sognavo che la mia vita sarebbe stata un viaggio incredibile e pieno di avventure, esperienze viaggi metaforici e non.

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Perché ho smesso di scrivere poesie

Scrivevo molta più poesia un tempo.
Ho scritto sempre molto, ricordo il primo racconto che ho scritto era qualcosa come il 1990. avevo otto anni, forse nove. Raccontava di un viaggio nello spazio in cui io, nel 2017 andavo su Marte e incontravo una popolazione aliena, ma non era fantascienza, utilizzava il cliché inizio novecentesco della perdita di sensi momentanea a distinguere la parte reale da quella immaginaria, un trucco mutuato da Poe o da altri scrittori della sua epoca. Avevo descritto la morte da dentro il morente descrivendo una serie di deformazioni sensoriali e poi la sua resurrezione in questo mondo alieno. Non spiegavo se il protagonista fosse morto davvero o no, se fosse inteso come reale o no tutto quanto accadeva dopo. Avevo otto anni, era il mio primo racconto e non so dire da dove venisse, avevo letto Il Richiamo Della Foresta, 20.000 leghe sotto i mari, forse qualcosa di Salgari non di più.

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Fare l’amore con la scrittura

L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità, – si vorrebbe morire.
-Cesare Pavese-

Ho sempre creato un legame nella mia mente tra la scrittura e altri tipi di piacere, in particolare l’orgasmo (ne ho già scritto). Nel tempo ogni cosa evolve, cresce matura. Crescono tutte di pari passo con l’esperienza. Quando paragonavo il piacere della scrittura all’orgasmo non conoscevo a fondo nessuna delle due, erano le prime esperienze i primi momenti, le prime cose brevi ed intense. Fossero scritte o provate. Nella vita ci sono momenti in cui il desiderio più forte è quello di provare nuove cose, diverse l’una dall’altra, bruciare come lampi o fuochi fatui in una forma di bulimia compulsiva.

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La paura di fallire

Fallire. Il mondo è zeppo di paura di fallire, di provare a fare qualcosa e non arrivarci in fondo. Fallire in uno sport in cui non sei sicuro di eccellere, fallire provando ad imparare a suonare uno strumento musicale, fallire un esame all’università, fallire la scelta degli studi, fallire in un rapporto di coppia, fallire un colloquio di lavoro, fallire l’organizzazione di un viaggio ambizioso, fallire un’attività lavorativa, fallire nello scrivere un libro, fallire nel dichiarare il proprio affetto, fallire nel coltivare un fiore, fallire nel fare un dolce. Fallire.
Fallire fa paura.
Io l’ho fatto un milione di volte. L’ho fatto anche oggi. Anche ieri. Sono abbastanza sicuro che lo farò anche domani, ormai mi conosco abbastanza per conoscere dove andrò a schiantarmi miseramente, come mi sentirò, quale sarà il livello di sofferenza.

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Sulle persone che amano la montagna

Ci sono tre sport che amo in questo periodo. Ne ho fatti molti, più di quanti potrei ricordarmi cercando di fare un elenco in questo momento, non sono mai stato un patito di nessuno di questi, forse dell’atletica leggera a suo tempo. Gli sport che amo in questo periodo sono nell’ordine il running, la subacquea e il trekking. Ognuno ha il suo perché nell’economia della mia vita, ognuno ha il suo ruolo specifico.
Il running lo vivo come espressione massima di solitudine. Lo vivo così un po’ perché non sopporto molto di dover andare al ritmo di qualcun’altro che sia più o meno veloce di me. E non sopporto molto l’idea di costringere qualcun’altro al mio ritmo. Facendo running ho modo di pensare, di ragionare, di estraniarmi dalla realtà e osservando solo quei due metri che separano me dai prossimi tre passi lasciare fluire il tempo.

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La mia prima volta (La vita)

<- La mia prima volta

Quando Marco mi fece provare non sembrava nulla di che. Alla fine lo facevano tutti, o almeno lo facevano le persone che io ritenevo le più intelligenti, le più sensibili, quelle di cui preferivo circondarmi. Ero un ragazzo, eravamo tutti ragazzi e sembrava una cosa figa.
Provi. Tanto hai tutta la vita davanti, anzi ai tuoi piedi. Perché a quell’età non hai idea di cosa sia la vita ne davanti ne dietro, sai cos’è l’oggi, l’adesso. Il domani tuttalpiù è il tempo che ti separa tra l’adesso e un evento interessante. Non sapevo ancora che un giorno sarebbe diventato un mondo di possibilità, di scelte, di fatica, fino a quel giorno non esisteva, e basta.
Il gioco è stato divertente, quando me lo ha proposte mi sono chiesto “cosa succede se provo? Cosa se non provo?”. L’unica risposta che mi sono dato è che se non lo avessi fatto sarei stato uno sfigato, che Marco non mi avrebbe considerato all’altezza.

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