Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

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La porta del paese delle meraviglie – Parte quarta

Mi trovavo lì, immobile, alle mie spalle un mondo, di fronte una porta verso un altro, l’istinto urlava dentro urlava fuori urlava di chiuderla per sempre.
L’istinto posò la mia mano, il palmo della mia mano sulla superficie di legno marrone liscio freddo. La pelle del mio palmo caldo sul freddo del legno liscio marrone. Il cuore batteva forte ma calmo ma forte ma calmo batteva il cuore.
Mentre i muscoli del mio braccio iniziavano a tendersi lievemente prima della spinta il mio sguardo cadde oltre la fessura tra la porta ed il nulla e fu quello il momento in cui cambiarono le cose, cambiò la scelta.
Guardai nella fessura che c’era tra la porta, priva di stipiti, e il rettangolo che ne definiva le dimensioni. Sul lato in cui era aperta lasciava vedere il pavimento nero e lucido della stanza all’esterno -o all’interno, non saprei dire- nella mia mano destra il bicchiere tremò un secondo ed abbassai la sinistra allontanando il palmo mentre le mie dita di riflesso si piegavano lievemente tremando.

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La porta del paese delle meraviglie – Parte terza

Ero ancora lì, accanto alla porta in attesa di un ricordo per sapere cosa attendessi, in attesa che un’attesa terminasse mentre terminava quello che veniva proiettato sullo schermo, non mancava molto al termine quando iniziò a nevicare nel bosco.
Nevicava ovunque nel bosco ma non nella casa di bosco, la neve si posava lieve e immobile ma non si accumulava, cadeva ancora. Non che ci fossero finestre da cui osservarla, non che ci fossero pareti a proteggere ma non c’era ne caldo ne freddo, ne vento ne bonaccia, e nevicava attorno e sopra e sotto e ovunque ma non nella casa che non era una casa. Nevicava.
Pensai per un momento, pensai che era strano non ci fosse freddo, e pensai che avrei voluto aprire il mobile accanto al divano, e che avrei voluto bere un Ballantine’s, che era un tempo infinitamente breve e lungo che ero qui, che avrei voluto chiudere quella maledetta porta una volta per tutte, che non sapevo cosa stavo aspettando e perché e che quindi era stupido non chiuderla e mentre osservavo cadere la neve cadere i pensieri cadere i ricordi di perché mi sentissi vagamente svenire, come io stesso fossi neve che lentamente scende come se io fossi in qualche modo mondo e questo mondo fosse me si mosse il mobile accanto allo schermo, si aprì, ne uscì una bottiglia di Ballantine’s che si versò in un bicchiere, la bottiglia alzata si sciolse e si versò nel bicchiere divenendo liquido ambrato, non più di due dita.

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La porta del paese delle meraviglie – Parte seconda

Ti seguii per lungo tempo, tra i tuoi salti i tuoi scherzi ed i tuoi impegni a correre, correre senza sosta a perdifiato con quell’orologio in mano, eri la mia Alice ed eri quel bianco coniglio, eri colei di cui anche in assenza potevo innamorarmi incontrandoti e vedendoti ovunque tu non ci fossi e quel simpatico e frettoloso e saltellante animale.
Mi mancò il fiato d’un tratto però, non per la corsa in se, ne per il tuo continuare a saltare e cambiare direzione, ne per l’assenza del tempo o la mia incapacità di raggiungerti, d’un tratto mi mancò semplicemente il fiato. Ricordo che fu forse quando compresi il colore dei tuoi occhi, o forse quando mi accorsi che in tutto questo sembravi fuggire da qualcosa ma non esattamente da me, o forse quando notai le tue sopracciglia non curate e per questo perfette.
Non ricordo perché mi ero già complicato e tre per tre faceva nove come nove diviso tre faceva ancora tre.

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La porta del paese delle meraviglie – Parte prima

Ti vidi su di una panchina, abbracciata a tu sorella la quale leggeva, rimasi ad osservare il tuo volto pieno e vivo come quello di chi non sa soffrire che per istanti nonostante fossi seria ed annoiata, ti osservai sbuffare da lontano nascosto dietro un cespuglio.
Incantato ed incapace di mostrarmi, di parlarti, di palesare la mia presenza. Tante volte ti avevo immaginata, avevo osservato altre mentre non c’eri immaginando fossi tu e lasciandomi innamorare anche della loro presenza nella tua assenza, immaginarmi te davanti a me a muoverti e correre e sorridere, osservare i -non- tuoi capelli muoversi e saltare e supporre di conoscerti ed ora ero lì a guardarti finalmente di nuovo. Immobile bloccato.
Ero lì mentre passò quello strano coniglio: “Povero me, povero me! Farò tardi!”

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Racconti

Non portarmi con te ad un concerto, non sarò lì.

Sono stato a non so quanti concerti nella mia vita, e non so con quante persone nel tempo, nello spazio, tra le dimensioni.
I concerti per me si dividono in due macro categorie, la prima è quella in cui vado ad ascoltare musica, la seconda è quella in cui vado a incontrare musica.
Oggi sono qui, la folla mi attornia, di fronte a me una ragazza dai capelli ricci mi ricorda qualcuno, si muove come immersa nel mondo del suono, la vedo sorridere pur non vedendone il volto e ne riconoscerei il sorriso. Accanto a me una vecchia amica con cui condivido una passione del tutto musicale e di ricordi di mare, di monti, di tramonti Corsi e dell’odore di quel fuoco, e di fonte a lei immancabilmente la donna più alta del mondo a spostarsi ovunque lei vada. Due donne nascondono il loro affetto reciproco che non è d’amicizia pura e tra rockers e persone raffinate la folla si mescola in caleidoscopiche combinazioni di colori e di volti, persone si muovono all’unisono pendendo dalle labbra di una cantante non più così giovane come un tempo ma d’una carica immensa, ed io lì al centro di un mondo fino.

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Innamorarsi in assenza (La porta del paese delle meraviglie – Prequel) (edited)

*il post è stato modificato dopo la pubblicazione iniziale*

Osservarti di spalle
mentre non ci sei,
osservarti tra la folla muoverti come so di per certo ti moveresti se fossi qui,
anche se non ti ho mai vista ad un concerto, anche se non ho mai visto le tue braccia alzarsi, anche se non ti conosco ancora davvero.

Osservarti di spalle
con i tuoi capelli ricci, il tuo collo lievemente scoperto, le tue spalle anche se non sono tuoi
ed innamorarmi un istante un po’ più di te anche se non ti ho mai amata.

Innamorarmi di te che non sei qui, di te che non ho ancora amato
ma chissà,
il tempo cambia le cose, cambia dentro cambia.

Innamorarsi ancora un po’ di un’immagine che potrebbe essere o non essere di te
o di ciò che di te conosco
o di te suppongo di conoscere

eppure  in tutto questo sembra esserci un
flebile
filo
di certezza insensata
mentre l’unica sensata è che quella non sei tu
è solo l’immagine che si sta creando dentro di te in me.

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San Nemo 2015 parte 3 (e conclusione, credo, e cosa avrei voluto)

Oggi mi occuperò di recensire gli ultimi 4 ggggiovini che hanno cantato ieri, poi forse decreterò il mio vincitore. O forse no.

Giovanni Caccamo “Ritornerò da te”: Intanto ha scritto il brano da solo. Cento punti per questo. Non posso dire che suoni il piano, dato che il più del tempo gesticola, ma va bene anche così, per il resto potrei dire che

…e ecco, così insomma.

Serena Brancale “Galleggiare”: Sto leggendo IT, di Stephen King, “Galleggiare” è un verbo che a tal proposito mi inquieta non poco, per il resto anche lei ha scritto il suo brano, quindi anche a lei cento punti. Sembra Gabriella Cilmi quando si veste bene e canta cose eleganti, cioè quasi mai quindi la preferisco alla Cilmi. Interessante la scelta di cantare un pezzo swing classicone, la sua voce mi ricorda a tratti qualcuna, a tratti qualcun’altra ma in definitiva mi sembra sufficientemente personale proprio perché non troppo legata a qualcuno, discreta capacità tecnica.

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San Nemo 2015 parte 2

Ecco qui, seguito della prima finalmente la recensione dei partecipanti alla seconda serata, non mi occupo di classifiche, né mi interessa saperle, quindi scartati o non li ascolto, come sempre, come solamente ascoltati.

Nina Zilli “Sola”: Co me al so li to, non sop porto il suo mo do di canta re. Pro va a fa re un blu es, bana lotto, e sen za morde nte, e pri vo di corre tta silla bazione. Maaa aaaa aaaa aaaa aaaa il fi naaa aaa aaaa leeeeeeeee……. è ancora piùùùùùùùù banaaaaaaleeeeeeeeeeeeeeee………

……mmmmm……yyyyyeeeeehhhh

Marco Masini “Che giorno è”: il titolo della canzone è ciò che dice ogni volta che lo riesumano, ho sempre trovato che sia uno dei cantanti con la voce più interessante del panorama italiano, testi e depressione a parte, ma parte in modo un po’ insicuro che fa decadere anche questa mia speranza, anche nell’urlato sembra abbia meno mordente rispetto ai bei tempi, probabilmente non si era svegliato del tutto.

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San Nemo 2015 parte 1

Credo di aver rotto la tradizione di recensire San Remo per un anno o due, forse no, non mi ricordo e non ho voglia di controllare.
Tuttavia quest’anno ho voglia di riprendere la mia BELLISSIMA tradizione di commento dei brani presenti a San Remo.
Non guardo da anni la trasmissione, quindi sono costretto a recensire in ritardo di un giorno aspettando i video su youtube.
In genere lo faccio in modo piuttosto sarcastico, questa volta vedremo.
Non so in quale ordine le prendo.

Chiara “Straordinario”: il bisognoi di mostrare cosai sa farei, con la voce (e apparentementei, somigliare ai Valeria Rossi i, per chi non ricordai chi sia i, si ascolti la vecchia, Sole Cuore Amore i, che non è l’unica cosa che abbia scrittoi) rovina una canzone che nell’insiemei, non è neppure così male.

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Vaghe divagazioni

A volte capita di trovare un brano musicale, per caso, per destino, o per sconosciuta serendipità, oggi ne sto ascoltando ossessivamente uno, in questi giorni ne stavo ascoltando ossessivamente un altro.
Sono settimane che vorrei scrivere qualcosa che si chiamerà “Il Destino Razionalista” che spiega tutto questa serendipità che ognuno incontra ogni giorno nella propria vita, ma lo spiega nel modo più scettico e razionalista che mi sia mai capitato di pensare: il destino concetto irrazionale spiegato con il razionalismo.
Nel frattempo, questo razionale lato si scontra contro incontri contrari al controllo, che rivolgono, stravolgono, coinvolgono momenti, persone inaspettate.
Lo rifuggo e rincorro, con parte e parte trafitto da parte a parte.
In passato ci ho messo mesi a scrivere qualcosa come quello che vorrei scrivere, ma non c’è fretta perché anche questo è cambiamento.

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