Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

Cos’è un Hacker e cosa un Cracker?

Tempo di lettura 5 minuti

Come spesso accade le definizioni che vengono date nel giornalismo, e nelle fiction cinematografiche e televisive sono utilizzate con superficialità e senza informarsi realmente sul significato delle parole. Una di queste definizioni in particolare è quella di Hacker.

Quando l’informatica era ancora qualcosa di misterioso e di poco conosciuto (posto che realmente non lo sia più) gli informatici erano tutti visti come Hacker, e forse era l’unico periodo storico nel quale la parola Hacker non fosse usata a sproposito. Ma era un caso, perché Hacker e informatico non sono sinonimi, era quasi corretto solamente perché all’epoca quasi tutti gli informatici erano di fatto Hacker.
Anche l’idea che un Hacker debba avere a che fare con l’informatica, tuttavia, è essenzialmente sbagliata. Se all’epoca gli informatici erano di fatto Hacker, gli Hacker non erano necessariamente informatici.

Cos’è un Hacker?

Brevissima storia incompleta dell’Hacking

In origine la definizione di hacker era del tutto positiva, e indicava la capacità di modificare e migliorare i sistemi informatici/elettronici rispetto alle funzionalità per le quali erano stati progettati.

La cultura hacker e il termine stesso sono nati all’interno del MIT (Massachusetts Institute of Tecnhology), e grazie alla creazione di ARPAnet, la primordiale base per Internet, gli hacker divennero un gruppo principalmente collaborativo su vasta scala, con grandi scambi di idee, proposte, esperimenti.

Furono tra l’altro gli hacker, nel loro modificare i sistemi per aggiungerne funzionalità a realizzare i primi giochi, come Spacewar! nel 1961. Il tentativo era stato quello di estendere i primi mainframe da puro prodotto di calcolo a qualcosa di più divertente, dimostrando che le potenzialità dei primi sistemi informatici erano molto più ampie di quanto si potesse pensare.

Fu l’hacker Ken Thompson che nel 1969 inventò il sistema operativo Unix su cui si basano ancora oggi tra gli altri Linux, Mac Os X, iOS e Android. Fu l’hacker Dennis Ritchie che nel 1972 inventò il linguaggio di programmazione C su cui ancora oggi si basano C++, Java e altri linguaggi ancora molto utilizzati. Sempre loro ipotizzarono, proprio grazie a Unix e C la possibilità di realizzare sistemi operativi e programmi che funzionassero su piattaforme diverse senza costringere ogni produttore e ogni utente ad avere programmi e sistemi diversi per macchine diverse.

La comunità hacker divenne sempre più grande e sempre più ricca di idee, evolvendo sempre di più la capacità di forzare le capacità delle macchine allora disponibili per rendere migliori. Se prima l’hacking era un’operazione legata solamente al software, i programmi, ben presto si allargò all’hardware, le macchine fisiche stesse. Lo scopo era a quel punto rendere possibile il diffondersi di computer tra le masse. Ogni hacker sognava in pratica di avere un proprio aggeggio a casa su cui smanettare invece di dover essere legati a qualche istituzione o università.

I componenti dell Homebrew Computer Club, il club del computer fatto in casa, furono probabilmente i primi a riuscirci, tra di essi c’erano due nomi piuttosto famosi: Steve WozniakSteve Jobs.

Steve Wozniak e Steve Jobs

I due nel 1977 fondarono Apple, rendendo possibile con Apple I acquistare un kit per costruirsi il proprio computer. Microsoft era stata fondata l’anno prima da un altro Hacker, Bill Gates.
Fu però proprio con la nascita di queste società che si crearono le prime spaccature tra chi, fedele alla cultura Hacker iniziale, voleva una totale condivisione di idee, di software e di informazioni e chi invece iniziava a vedere una possibile fonte di guadagno nell’industrializzazione e la privatizzazione delle idee.

Negli anni 80 il movimento hacker era già di molto mutato. La nuova generazione era diventata sempre più abile nella programmazione ma si era allontanata dai principi dei predecessori. Molti si erano adeguati alla logica del mercato sviluppando per le grandi multinazionali, soprattutto giochi, e il software aveva smesso di essere libero. Al contrario ogni software veniva considerato un prodotto commerciale da tutelare con il segreto industriale.

Microsoft fu la prima a usare il modello del software proprietario, ma seguirono a ruota in fretta tutte le aziende che intendevano fare profitto.

Gli anni 80 furono anche gli anni in cui il fenomeno dell’hacking, iniziò ad avere connotazioni simili a quelle che conosciamo oggi. Nel 1980 il gruppo “414s” riuscì ad effettuare un’intrusione illegale su 60 computer, numeri ridicoli per oggi, ma che allora attirarono l’attenzione dell’FBI e dei Servizi Segreti.

Negli stessi anni Richard Stallman fondò la Free Software Foundation con lo scopo di creare software gratuiti di alta qualità, inaugurando il ritorno all’Open Source e contrapponendosi alle logiche del software proprietario.

Una svolta si ebbe nel 1991 quando Linus Torvalds, uno studente dell’Università di Helsinki, iniziò a sviluppare il kernel per un sistema operativo gratuito: Linux. Molti hacker furono attratti dall’idea e contribuirono al progetto con le loro capacità, idee, suggerimenti creando un intero ecosistema gratuito che si è diffuso a livello globale.

Linus Torvalds nel 1991 con la sua creatura, Linux

Ad oggi la gran parte dei server web è basata su Linux.

Con l’avvento di Internet gran parte della vecchia guardia degli Hacker invece si occupò di creare Internet Service Provider e di lottare contro i tentativi di censura sulla rete, furono gli hacker, a far fallire il Communications Decency Act (CDA), uno dei primi tentativi di rendere portare Internet sotto il controllo diretto dei governi.

Quali sono i principi di un hacker?

Tutto questo noioso racconto simile a un libro di storia non ha lo scopo di incensare gli hacker ma piuttosto quello di cercare di delineare i principi che muovono l’originario movimento hacker nella storia.

I principi erano quello di rendere libero e illimitato l’accesso agli elaboratori, una completa condivisione delle conoscenze, fiducia reciproca, meritocrazia che portava ad esaltare quelli che erano in grado di portare il limite della conoscenza oltre i limiti attuali, il rigetto di ogni forma di burocrazia che limita la libertà di espressione. Nessun hacker si sarebbe nascosto dietro una maschera per fare azioni illegali o danneggiare qualcuno, piuttosto l’obbiettivo era quello di “bucare un sistema” per avvisare delle falle in modo da aumentarne la sicurezza.

Cos’è un Cracker?

Se negli anni 80 la storia dell’hacking iniziava ad avere un forte impatto, negli stessi anni cominciarono a nascere e crescere gruppi che facevano attacchi a sistemi informatici per scopi puramente personali o economici.
Furono questi gruppi a trasformare il concetto di hacker da qualcosa di positivo a qualcosa di negativo e da temere.
I virus iniziarono a diffondersi e il giornalismo cominciò a parlare davvero degli hacker, pur non conoscendo la vera storia del termine e del movimento creando l’associazione indissolubile tra il concetto di hacker e quello di criminale. Cosa aggravata dallo stesso vantarsi del termine hacker da parte di tali criminali.

Proprio a causa di questo chi appartiene ancora all’idea del primo movimento hacker, o chi lo conosce e lo ammira preferisce generalmente chiamare i cyber criminali,crackers. O in alcuni casi dividere gli hacker in White Hat e Black Hat, cappelli bianchi e cappelli neri, per differenziare le due categorie di hacker etici e non etici.

Buffa conclusione:

Se vi siete mai chiesti perché uso quasi sempre parole come attaccante, malfattore o criminale mentre la parola hacker, mi sfugge di rado… ora sapete il perché.

Voi fare una domanda per uno dei prossimi articoli? Falla qui!





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