Facebook, i nostri diritti saranno suoi per sempre.

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Tempo di lettura 2 minuti

di Antonio Dini | 17-02-2009

Il più popolare social network al mondo cambia politica. Da oggi tutti i dati e le informazioni che gli utenti caricano nel loro profilo, foto comprese, resteranno per sempre di proprietà dell’azienda anche quando si volesse cancellare la propria identità online.

In questi giorni ha compiuto cinque anni e si è regalato un’altra polemica. Facebook, il social network più famoso del momento e che sta definendo un’epoca, ha infatti annunciato nei giorni scorsi di aver cambiato “giusto un attimo” le norme che regolano l’accordo con gli utenti del servizio. E il cambiamento sta provocando un’esplosione di polemiche in rete.

Il punto centrale è la gestione dei contenuti. Tutti i social network e tutte le aziende digitali “Web 2.0” sono basate sul concetto che i contenuti vengono prodotti dagli utenti. A partire da Second Life, paradigma (adesso passato in secondo piano, per fortuna) del mondo generato dagli utenti che pagano solo per il privilegio di esserci, fino a Facebook, sorta di Ikea del social networking, dove tutti hanno spazi più o meno uguali da arredare con le proprie immagini e i commenti scritti muro a muro.

Cosa succede però a quei contenuti quando qualcuno decide di averne avuto abbastanza e di volersene andare? Non è come sparecchiare e tornarsene a casa propria, perché secondo il nuovo regolamento di Facebook, adesso i contenuti caricati sul social network non appartengono più al singolo ma al network stesso, cioè a Facebook.

È il volere di Mark Zuckeberg il discusso fondatore di Facebook, il ragazzino prodigio che ha pagato alcuni milioni di dollari a qualche compagno di scuola che l’accusava di aver fondato Facebook copiando loro idee e mettendo così a tacere non solo l’ipotesi di copia ma anche l’idea che inventare e creare sia meglio che copiare (gli ex compagni di scuola adesso si sono pagati la pensione con un’idea che non hanno mai provato a realizzare, mentre Zuckeberg ha dimostrato che non è necessario essere creativi ma basta copiare con determinazione per avere successo). Una vicenda complicata, non alla portata della comprensione di tutti gli utenti ma che sta facendo rumore in rete.

L’etica del capitalismo, lo spirito della rete: cioè il desiderio di far soldi (in maniera oscena, considerando la ricchezza costruita sui contenuti prodotti da altri di Google, Facebook e via dicendo: almeno Bill Gates il suo software a codice chiuso se lo produce da sé) e quello di contribuire in effetti alla crescita dell’economia digitale. La valutazione di Facebook è secondo alcuni sproporzionata rispetto al suo reale valore.

Si parla di miliardi di dollari. Soprattutto, se ne parla senza avere una idea di come si producano gli introiti che giustifichino il valore dell’azienda se non vendendo tutte le informazioni e i contenuti prodotti da e sugli utenti del servizio a terzi. Ma anche così, c’è chi comincia a dubitare che si riuscirebbe mai a produrre anche solo una parte della ricchezza stimata per Facebook: 175 milioni di utenti nel mondo (8 in Italia, tutto stimato), 300 milioni di dollari di fatturato nel 2008 (stimati, in crescita), un valore dell’azienda Facebook stimato fra i 3,75 e 5 miliardi di dollari, secondo il settimanale economico statunitense BusinessWeek.

FONTE MACCITYNET

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