Non sono uno “sportivo”, non come lo intende chi lo sport lo segue dalla poltrona, e non sono particolarmente attratto dagli sport competitivi. Ma come ormai si nota sono attratto dai temi sociali e politici e per qualche motivo queste Olimpiadi 2024 sembrano più interessanti per questi ultimi che per le performance sportive. A questo punto, tocca scriverne.
Tutto è iniziato con un banchetto dionisiaco in cui qualcuno ha visto un’ultima cena, nonostante un tizio vestito di blu con in testa frutta e verdura su un tavolo pieno di fiori e frutta non ricordasse propriamente un richiamo ai miti giudaico-cristiani.

Tuttavia, era un buon modo per fare polemica, per offendere la Francia e il suo senso di libertà, per far parlare di sé come difensori di qualcosa che non ha gran bisogno di essere difeso. Il tutto, badiamo bene, perché gli attori non erano normo conformati a quanto prescritto dagli uomini di chiesa. In fondo, la solita invidia per la capacità dei Francesi di essere liberi e di manifestare il proprio senso di libertà.
Sarebbe potuta finire lì, avrebbe potuto non sembrare solo un pretesto per parlare ancora e lamentarsi ancora del fantomatico complotto mondiale del gender, lo sarebbe stato se si fosse chiusa lì, fino all’arrivo dell’incontro tra Imane Khelif e Angela Carini. A quel punto, un’atleta che da anni sta facendo la propria normalissima carriera, di cui nessuno si è lamentato, è diventata praticamente il caso mediatico del millennio. Per capire se questo sia solo un pretesto, come quello di scambiare un banchetto con un uomo blu pieno di frutta per l’ultima cena, forse basta seguire la storia di questa notizia.
La presunta notizia di due pugili “uomini” alle Olimpiadi del 2024 è un esempio emblematico di come l’ecosistema dell’informazione contemporaneo possa distorcere la realtà. Sì, perché in realtà l’avversaria della nostra atleta italiana non era l’unica in una situazione simile. Parlare di questa vicenda e di come si sia sviluppata è un buon modo di parlare di come le posizioni radicali possano mescolarsi indistintamente con il mainstream, e come insinuazioni, diffamazioni e fatti possano confondersi fino a creare narrazioni ingannevoli. Le principali vittime di questa disinformazione sono state l’algerina Imane Khelif, soprattutto in Italia, e la taiwanese Lin Yu-ting. Queste atlete però rappresentano solo gli ultimi bersagli di una guerra ideologica che va avanti da molto tempo e che non si concluderà con le Olimpiadi di Parigi, né con l’introduzione di nuove regole per le future edizioni, posto che le regole attuali sui livelli di testosterone non siano già sufficienti.
Il primo sito di rilievo a riportare la notizia della presunta partecipazione di due pugili squalificate dall’IBA alle Olimpiadi di Parigi è Reduxx, un sito che si autodefinisce di “notizie femministe” ma che in realtà pubblica esclusivamente articoli negativi sulle persone trans. La strategia di Reduxx è simile a quella di altri siti o pagine razziste che pubblicano solo notizie di reati commessi da immigrati, creando così una percezione distorta e pericolosa di interi gruppi sociali. Tra le co-fondatrici di Reduxx c’è Anna Slatz, nota per le sue collaborazioni con siti di estrema destra come Rebel News o The Publica, dove i contenuti transfobici si mescolano a quelli razzisti e alle teorie cospirazioniste sui vaccini.

L’articolo di Reduxx, pubblicato il 27 luglio, evita termini come “atlete transgender” o “maschi”, utilizzando invece eufemismi e insinuazioni, spesso con l’uso di virgolette (“female boxers”). Slatz avanza l’ipotesi che le atlete in questione possano avere un Disordine dello Sviluppo Sessuale (DSD), e cita la questione dei “cromosomi” nel titolo, riferendosi a un lancio dell’agenzia Tass del marzo 2023 e a un articolo di Russia Today. L’articolo include anche un’intervista con una co-fondatrice dell’Independent Council on Women’s Sports, che ribadisce l’importanza di reintrodurre i test del sesso alle Olimpiadi. Secondo questa intervista, le federazioni dei paesi delle due atlete avrebbero approfittato delle dispute tra IBA e CIO per “far salire pugili maschi sul ring contro le donne, competendo per le medaglie olimpiche femminili”.
La rilevanza dell’articolo di Reduxx è duplice: non solo per la tempistica, ma anche perché introduce le parole di Kremlev e il sospetto che le due atlete siano “uomini”. Il discorso sui “corpi maschili” e la transfobia esplicita sono sostituiti da discussioni su cromosomi, livelli di testosterone e DSD. La diffusione dell’articolo di Reduxx non è limitata ai circuiti del femminismo critico nei confronti del gender, ma coinvolge anche figure di spicco che condividono posizioni contro l’ideologia gender, come il biologo evoluzionista Richard Dawkins. Dawkins, riprendendo le parole di Kremlev, parla di “uomini mascherati da donne”.
The Guardian, con un articolo del 29 luglio firmato dal giornalista sportivo Sean Ingle, contribuisce ulteriormente a diffondere la voce sui cromosomi. Ingle, che ha trattato spesso le questioni relative all’ammissione di atleti trans nelle federazioni sportive femminili, cita Kremlev senza contestualizzare le accuse transfobiche né i dubbi sui test condotti. Ad esempio, non menziona che le due atlete non avevano superato un test del Campionato Mondiale del 2022, ma era stato loro permesso di partecipare l’anno successivo dopo aver effettuato il test nelle fasi finali. Né specifica che la decisione di squalifica nel 2023 era stata presa da Kremlev e un altro dirigente e successivamente ratificata dal direttivo, o che la federazione taiwanese avesse effettuato test di verifica.
Un altro aspetto peculiare di come Ingle ha gestito il caso è in un tweet dove condivide le domande inviate al CIO. La prima recita: “Il CIO pensa sia giusto che chi è passato attraverso una pubertà maschile abbia la possibilità di competere nelle categorie femminili – dove i rischi per la sicurezza sono alti?”.
Mentre la seconda chiede un commento su chi accusa il CIO di “sminuire le fondamenta stesse della categoria femminile”. La domanda insinua così un’informazione non vera, ossia che le due atlete squalificate siano passate attraverso una pubertà maschile, o che alle Olimpiadi ci siano “maschi biologici” nelle categorie femminili.
Sono quindi domande che portano nello scenario concreto (il caso della squalifica e dei test) degli scenari fittizi e dei sospetti, in un clima già inquinato dalla disinformazione. Difatti poi nella fase finale dell’articolo si riporta un dato scientifico che serve solo ad alimentare il framing “uomini che picchiano le donne sul ring”: “Le ricerche scientifiche”, scrive Ingle, “hanno dimostrato che la potenza media di un pugno di chi è passato attraverso una pubertà maschile è superiore del 162% rispetto a quello di una donna”.
Dopo la pubblicazione dell’articolo, il caso dilaga ed è ormai discusso ovunque, dalle editorialiste gender critical della stampa britannica a Donald Trump, Elon Musk e J.K. Rowling. Personaggi notoriamente critici verso queste tematiche.
Nonostante uno di loro abbia una figlia transessuale (https://short.staipa.it/jxtf3).
La storia di Lin Yu-ting, in Italia quasi ignorata, è particolarmente significativa. L’opinione pubblica taiwanese ha alzato gli scudi dopo dato che è stata proprio la violenza di genere a spingere la ragazza verso la boxe. Figlia di un padre violento è stato il desiderio di proteggere la madre a portarla a scoprire la sua vocazione sportiva.
In tutto questo nessuno, al di fuori di chi ha fatto le analisi e certificato la loro idoneità sa davvero nulla di cosa ci sia, o non ci sia, di diverso nelle due donne rispetto alle loro concorrenti.
L’IBA stessa, unica a dare dettagli, li ha dati contraddittori, dichiarando in una fase perfino che la squalifica del 2023 non fosse relativa a un problema con il testosterone.
Questo non ha impedito a politici e persone di spettacolo di cavalcare le opinioni, di bullizzare con la solita narrazione della prepotenza (e dell’ignoranza) (https://short.staipa.it/g4kud).
Con lo scudo della violenza sulle donne e della loro difesa non si sono preoccupati di cosa voglia dire per una atleta olimpica essere sotto i riflettori delle accuse, degli insulti e delle offese del mondo intero proprio durante una competizione della quale non ha violato nessuna regola e nella quale è stata valutata, analizzata e accettata pienamente. Il tutto proprio durante la competizione.
Se fosse accaduto un analogo tentativo di intimorire un qualsiasi altro atleta prima di un incontro per un qualunque altro motivo, chiunque avrebbe capito quanto sbagliato fosse. Si sarebbe addirittura parlato di incontro truccato nei confronti dell’altra parte, in questo caso probabilmente altrettanto vittima di una pressione sociale mostruosa.
Cosa sarebbe accaduto se a cadere sotto la pressione mediatica fosse stata l’atleta algerina?
Questa storia mostra come la disinformazione possa distorcere la realtà e danneggiare le persone, creando un clima di sospetto e odio basato su pregiudizi e disinformazione, ed è proprio su questo clima di odio che si basa la campagna politica di molti. Di tutti quelli che hanno cavalcato quest’onda senza sapere nulla della realtà, perché nulla è stato ufficialmente detto.
Parole al vento, bullismo contro due atlete olimpiche durante le competizioni, e nessuna scusa.
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