Il grigio nel mezzo

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“L’istanza di scarcerazione è andata a buon fine”
Me lo ha detto così, me lo ha detto. Senza nessun preambolo. Si è presentato al colloquio e mi ha detto che sarei presto uscito.
“Ma che cazzo dici?” risposi.
“Sì, insomma verrai rilasciato a breve”
“Ma perché? Non ti ho chiesto io di farlo che cazzo di avvocato sei se non fai quello che dico?”
“Cercare di farti allungare la pena? Allo stato delle cose non sarebbe neppure possibile, e poi è ridicolo io i miei clienti li devo difendere non incastrare peggio di quello che sono, che figura ci farei? Non troverai mai un avvocato disposto a lavorare per farti peggiorare volutamente la pena!”
“Non è possibile… sei un folle.”
“Vedrai che quando respirerai l’aria di fuori mi ringrazierai”.
Stava sorridendo. Stava perfino sorridendo.
“Vedrai che quando sarò fuori finirò per farlo ancora, e forse passeranno altri anni prima che mi prendano di nuovo. O sarò costretto ad ammazzarmi e mi avrai sulla coscienza.”
Si alzò sempre con quella sua faccia sorridente da sberle e uscì.
Il fatto che stia parlandovene e che ve ne stia parlando in passato remoto dovrebbe farvi accendere delle lampadine su come sia andata a finire, almeno escludere una delle due possibilità che avevo paventato a quel folle. O almeno sul fatto che tale possibilità non sia ancora avvenuta e che nel frattempo sia scorsa dell’acqua sotto i ponti come si dice.
Potrei provare a spiegarvelo in un milione di modi che cosa provo quando lo faccio, me lo hanno chiesto miriadi di volte. “Perché lo fai?”,”Cosa hai provato facendolo?”, “Quello che hai fatto è terribile come hai potuto esserne in grado?”, “Come fai a fare i conti con la tua coscienza mentre fai una cosa del genere?”. Potrei cercare tutte le parole del mondo, potrei cercare tutti i giri di parole del mondo ma nessuno vi farebbe capire quello che sono. Nessuna vi farebbe capire come io viva con la coscienza completamente piena e assoluta di star facendo un abominio mentre lo faccio, che io sia perfettamente consapevole di stare sbagliando ma che contemporaneamente mi è impossibile non farlo. Non lo capireste perché è totalmente al di fuori del vostro universo di buoni e di cattivi, di morale e di giustizia, di bianchi e di neri anche quando credete di essere in grado di percepire ed accettare tutte le infinite scali di grigi. C’è sempre qualche sfumatura in più tra quelle che riuscite a vedere ed è lì che si nasconde tutto quello che non siete in grado di comprendere, è li che si nasconde quello che vi terrorizza anche quando siete certi di non avere paure. Io sto lì in mezzo. Sono quella sfumatura che non siete in grado di vedere e ne sono assorbito talmente tanto da non essere in grado di comprendere completamente a mia volta il vostro mondo che per me è così totalmente bianco o totalmente nero da essere al di fuori delle mie percezioni. I conti con la mia coscienza li faccio tutti i giorni. Ogni istante, anche mentre lo faccio. Sono consapevole di dover essere fermato. Sono consapevole di non avere nulla di quello che voi chiamate umano eppure credo di essere più umano di voi, più terreno, più in grado di capire le sfaccettature che stanno dietro proprio all’essere umano che voi rifuggite cercando di allontanarvi dalle pulsioni fisiche e mentali. Quando vi allontanate da quelle basse pulsioni sessuali che vi spingerebbero ad accoppiarvi in mezzo alla strada, quando invece di urlare in faccia a qualcuno e spaccargli la faccia declinate con cortesia, quando vorreste appropriarvi di un oggetto posseduto da qualcuno di più debole ma che vi è gerarchicamente superiore e aspettate con le orecchie abbassate che vi dia udienza, non credete di starvi allontanando dalla vostra umanità? Di starvi allontanando da ciò che la natura ha deciso sia umano?
Per questo tutte le mie parole non potrebbero in alcun modo farvi comprendere ciò che vivo e sono, perché rifuggite l’essere umani, non volete comprenderlo ed accettarlo perché scoprireste anche voi, infine, di essere come me.
Sto dicendo che sono nel giusto? Sto cercando di dare una giustificazione a quello che faccio? No. No di certo perché non vi è giustificazione alcuna. Anche nell’essere profondamente umani si può essere nel giusto o nello sbagliato.. Fare sesso in mezzo ad una strada non è giusto o sbagliato è solo parte della natura umana di prima che voi decideste di allontanarvici con la morale. Uccidere il proprio vicino di casa per futili motivi invece è sbagliato, o mangiare un bambino per il piacere di sapere che gusto ha, o uccidere milioni di persone per una guerra di potere. Ma sono azioni che stanno dentro ad esseri umani, ad alcuni esseri umani almeno, e sono azioni più umane di farsi la permanente o allenarsi per una maratona e sentirsi superiori agli altri perché se ne da la prova su un social network.
Questo significa che io non mi senta in colpa? No. Io probabilmente sono tra tutti voi quello che meno merita di vivere, quello che se la pena di morte fosse ancora in vigore andrebbe fatto fuori senza indugio, solo che quella maledetta parte di me che mi spinge a fare le azioni che tanto vi e mi schifano è così intelligente da riuscire a nasconderle, a renderle talmente perfette che neppure la mia confessione è una prova sufficiente davanti alla legge. Devo farlo davanti ad un giudice perché mi rinchiuda in una gabbia per sempre ma io non lo so fare a comando. Le pulsioni non funzionano a comando. Io vivo la mia vita come tutti voi, il meno umanamente possibile come tutti voi. Guardo su Netflix le stesse vostre serie, tranne i thriller, quelli mi mettono ansia e non sopporto di vedere tutto quel sangue in tv, faccio la spesa e mi cucino quattro cose nel fornetto a microonde che ho preso con i punti del supermercato, poi giro per strada e succede. Tutto lì. Il desiderio arriva improvviso come arriva un alito di vento a scompigliare i capelli, volto l’angolo ed è lì. Come la vostra irrefrenabile voglia di comprare un iPhone, o una borsetta, o una stronzata a caso. Mi faccio schifo subito appena mi raggiunge, mi terrorizzo. La cosa che mi fa più paura è la consapevolezza che so di non poter fermare me stesso. Vorrei con una mano fermare l’altra e con l’altra fermare l’una e ritrovarmi con le braccia conserte e girarmi dall’altra parte per non guardare quello che sto per fare ma alla fine lo faccio. Nel vostro concetto di bianco e di nero questo non è possibile ed io posso essere solamente cattivo, voi solamente buoni. Fare quello che faccio io è una cosa che può fare solo un cattivo, subirla o guardarla da fuori con il ditino alzato da professorino è una cosa che possono fare solo i buoni. Io non sono cattivo, certo non posso dire di essere buono, lo so perfettamente che sto per fare un abominio, so che non lo voglio fare, ne soffro ma non lo posso fermare. Non posso fermare le mie azioni. E così accade. Lo nascondo perché l’istinto di conservazione è umano, è una cosa che ho io e che avete voi. Faccio sparire le tracce. E poi torturo me stesso pugnalandomi dentro l’anima a morte ancora ed ancora e poi cerco di dimenticare. Come fate voi quando accade qualcosa di terribile. Cerco di dimenticare. Nel vostro bianco e nel vostro nero la vittima è e può essere solo chi subisce l’azione, il carnefice chi la realizza. Probabilmente su questo secondo punto siamo d’accordo, ho qualche riserva talvolta ma in linea di massima mi sembra un’affermazione accettabile. Ma sul fatto che non possa essere a sua volta vittima anche chi realizza l’azione vi sbagliate di grosso. Ce ne sono a centinaia, migliaia, milioni come me che girano, che siano “solo” dei vampiri emotivi, o delle madri che scelgono tra curare il proprio figlio e fare qualcosa di drammaticamente sbagliato, o vittime di un impulso che non hanno scelto e non riescono a controllare. Persone, umani come me ce ne è pieno il mondo. Forse lo siete voi stessi, ma è terribilmente difficile ammetterlo se non quando avete il frutto del vostro male ancora davanti o tra le braccia ancora caldo. Poi cercherete di nasconderlo. Poi di dimenticare per sentirvi un po’ più bianchi e un po’ meno grigi. Un po’ più accettabili a voi stessi.

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Citazioni a caso

Guidare una 500 del “65 in tangenziale é un’eterna gara a chi ce l’ha più corto.
Puoi anche andare ai 110 con il limite dei 90, ma se superi un suv, soprattutto se bianco, questo si sentirà obbligato ad accelerare e sorpassarti a sua volta con ardita arroganza.
Stefano Giolo
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