Outing Ateismo

Il mio “Coming out”: Una Riflessione Necessaria

Outing Ateismo
Tempo di lettura 9 minuti

Il termine “Coming out” spesso evoca immagini di coraggio personale e di liberazione. Fare Coming out significa condividere una parte intima di sé, talvolta sfidando stereotipi, pregiudizi e discriminazioni. È un atto che può avere un impatto profondo, non solo su chi lo compie, ma anche su chi lo osserva, aprendo la strada a un dialogo più libero e autentico.

Cosa significa davvero fare coming out? E perché è importante farlo? Fare coming out significa reclamare la propria identità, dichiararla apertamente al mondo, superando le paure legate al giudizio altrui. Questo gesto non è solo personale, è anche politico: ogni persona che fa coming out contribuisce a costruire una società più inclusiva, dove ci sia spazio per la diversità e la libertà di espressione.

Quando parliamo di coming out si pensa immediatamente alla sfera sessuale o di genere. E se non dovesse essere solo così? Se fare coming out potesse essere considerato l’atto in genere di uscire con una rivelazione sulla propria persona che possa avere un analogo impatto sulla società? Oggi voglio condividere con voi il mio personale coming out, ma il tema potrebbe sorprendervi (o anche no).

Il Mio Coming Out: Ateismo e Libertà di Pensiero

Sono ateo. Questa semplice affermazione, per molti, è scomoda, provocatoria o addirittura offensiva. Ma per me, è una verità che rappresenta un pilastro della mia visione del mondo. Vengo da una famiglia religiosa e ho frequentato per buona parte della mia vita ambienti religiosi: catechismo, scoutismo e altri contesti simili. Mi sono interrogato a lungo su queste questioni, e sono arrivato a queste conclusioni parecchio tempo fa. Solo di recente, però, ho capito quanto sia importante parlarne e aiutare chi mi sta intorno a rendersi conto di quanto sia fondamentale sentirsi liberi e smettere di sottostare a determinati meccanismi culturali. Credo che fare coming out sul proprio ateismo sia importante, non solo per affermare la propria libertà di pensiero, ma anche per sostenere chi, magari in silenzio, condivide la stessa prospettiva ma teme di esporsi al giudizio degli altri.

L’Influenza delle Religioni sulla Morale

Le religioni hanno da sempre modellato la morale collettiva, spesso con effetti profondamente negativi. Per esempio, la morale sessuale è stata per secoli bloccata da dogmi che hanno stigmatizzato il piacere, l’orientamento sessuale non eterosessuale e l’emancipazione delle donne. Discriminazioni di genere e orientamento sessuale sono figlie dirette di una visione del mondo che si è eretta su testi antichi e spesso contraddittori.

Un esempio concreto è il divieto del matrimonio omosessuale, che persiste in molte società basandosi su precetti religiosi. Oppure, pensiamo alle limitazioni sui diritti riproduttivi delle donne, fortemente influenzate da dogmi religiosi che antepongono un’idea di purezza morale alla libertà individuale. E cosa dire della frustrazione che milioni di persone vivono nella sfera sessuale, incapaci di godere pienamente di questa straordinaria dimensione della vita? Se una divinità ci avesse davvero donato questa possibilità di piacere, a noi a tutti i primati e a molti altri animali, che senso avrebbe tarparla con proibizioni e sensi di colpa? Non è forse tutto un modo per esercitare un controllo psicologico su chi, oppresso da queste imposizioni e dai relativi sensi di colpa, diventa più facilmente manipolabile?

La religione nel nostro Paese ha un impatto profondo e spesso invadente. Le campane suonano in tutti i paesi, i crocefissi sono esposti in luoghi pubblici, e i presepi diventano spesso motivo di contesa culturale. I politici parlano frequentemente in modo non laico, influenzando il dibattito pubblico con riferimenti religiosi. Leggi come il DDL Zan, il divorzio, le volontà nel fine vita e l’aborto vengono spesso bloccate o ostacolate per motivi religiosi. Al contempo, se dei musulmani vogliono costruire una moschea, per adorare -in teoria- lo stesso Dio dei cristiani, vengono trattati come una minaccia.

Lo Stato permette che la maggior parte degli asili siano gestiti dalla Chiesa, instaurando una forma di indottrinamento religioso fin dall’infanzia, una pratica che non dovrebbe esistere in uno Stato che si definisce laico. Inoltre, eventi come il Giubileo ricevono ingenti finanziamenti pubblici, mentre altre religioni minoritarie non ricevono lo stesso trattamento. Questi esempi dimostrano come la religione influenzi profondamente non solo la morale, ma anche le politiche e le strutture sociali, creando disparità che limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini.

La Scienza e la Bellezza della Realtà

Il bisogno religioso è un fenomeno naturale, legato al desiderio umano di trovare risposte a domande difficili o sconosciute. Ci dà conforto credere che esista un senso, un motivo per cui accadono le cose. Tuttavia, fermarsi a spiegazioni religiose come “è il volere di Dio” rappresenta una semplificazione che limita il pensiero. Invece di interrogarci seriamente, rischiamo di restare seduti a dialogare con qualcosa che esiste solo nella nostra mente, mentre potremmo esplorare e capire realmente il mondo.

Sarebbe come avere un’auto che non funziona e dire “è il volere di Dio” invece di controllare se è accesa, se c’è benzina o se la batteria è scarica. Andare oltre, comprendere come funziona un motore, cosa sia l’energia, come i legami chimici cambiano con l’aggiunta di energia permettendo alla benzina di spostare i pistoni, ai pistoni di spostare le bielle, alle bielle di trasformare un moto lineare in uno rotativo per spingere le ruote, è un approccio che apre la strada alla conoscenza autentica. Questo tipo di indagine non solo ci aiuta a risolvere problemi pratici, ma ci permette anche di scoprire la bellezza intrinseca della realtà e del suo funzionamento.

Uno degli aspetti più belli della scienza è la sua capacità di stimolare la curiosità e il desiderio di comprendere i misteri dell’universo. Non fermarsi a dire “ci ha creato Dio” o “questo lo ha fatto Dio” permette di esplorare davvero le cause e i processi che governano la realtà. Ogni scoperta scientifica è un invito a porci domande sempre più profonde: come l’universo è nato, come si è evoluta la vita e come tutto è interconnesso.

Pensare che un dio abbia creato tutto può sembrare una risposta semplice, ma limita il pensiero e impedisce di esplorare le evidenze. La scienza ci spinge a indagare e meravigliarci della complessità dei processi naturali, come la formazione di stelle e pianeti o l’evoluzione della vita da particelle elementari. Questo approccio ci arricchisce, stimola l’immaginazione e ci avvicina alla bellezza della realtà, ben oltre le spiegazioni dogmatiche.

E poi, se consideriamo le migliaia di religioni che sono esistite in tutto il mondo, in epoche e culture diverse, come possiamo pensare che proprio quella attuale, prevalente negli ultimi secoli, sia quella giusta? Non è forse probabile che, come molte altre religioni del passato, anche questa venga spazzata via da una successiva? Non è egocentrico credere che solo noi siamo nel giusto e che tutte le altre civiltà del passato o del futuro siano in errore? Riflettere su questo ci porta a mettere in discussione non solo la nostra visione del mondo, ma anche il nostro ruolo in esso.

La differenza con la scienza, quello che rende la scienza diversa dalle religioni, è che non vive di dogmi. Che ogni giorno, ogni scoperta la fa crescere, cambiare, migliorare. Non da le stesse risposte da duemila anni, anzi solo nell’ultimo secolo siamo passati da una visione “classica” valida localmente, a quella relativistica che ci permette di comprendere il macro funzionamento dell’universo, a quella quantistica che ci permette di comprendere il microscopico e nessuno di questi passaggi spazza via il precedente, lo incrementa, lo migliora, lo espande verso una comprensione più ampia e più precisa. La scienza è consapevole di quanti misteri ci siano ancora davanti, di quante cose ci siano ancora da capire, ma soprattutto che la risposta a quelle domande non è un “mistero della fede” ma qualcosa che va indagato nel tempo e cercato di comprendere.
Perfino il solito racconto di Galileo Galilei che ha rivoluzionato il mondo con le sue idee che nessuno ascoltava è sbagliata, ma ci permette di parlare ancora di religione. Galiei riuscì a riunire e rafforzare idee già presenti, a rafforzarle e dargli una direzione e una spinta che ancora oggi ci porta avanti, ma nessuno scienziato lo osteggià mai, nessuno scienziato vide in lui un distruggere quello che c’era prima. Se venne costretto all’abiura anche questa volta era perché quello che raccontava non piaceva al clero, perché nei suoi racconti divulgativi sbeffeggiava il papa. Non perché volesse rompere un inesistente dogma della scienza come il complottista medio vuole credere.

Valori e Morale senza Religione

Un altro punto cruciale (…cruciale…forse non è la parola giusta…) è che non è necessaria una religione per avere dei valori e una morale. Al contrario, le religioni spesso impongono una visione unica, scoraggiando il pensiero critico e la libertà di porsi domande. Una società libera dalla religione può essere una società in cui i valori nascono dal dialogo, dalla ragione e dall’esperienza condivisa, piuttosto che da dogmi immutabili.

Ad esempio, il filosofo Jean-Paul Sartre sosteneva che senza un Dio, l’umanità deve creare i propri valori e responsabilità (cfr. Sartre, “L’Esistenzialismo è un Umanismo”, 1946), una prospettiva che permette un’autentica libertà. Inoltre, studi sociologici, come quelli condotti in paesi con alti tassi di secolarizzazione, mostrano che queste società tendono ad avere livelli più alti di uguaglianza, minori tassi di criminalità e una maggiore attenzione al benessere collettivo rispetto a quelle con una forte influenza religiosa (cfr. Zuckerman, “Society Without God: What the Least Religious Nations Can Tell Us About Contentment”, 2008).

Un esempio pratico è l’idea di giustizia sociale. Concetti come l’uguaglianza, la solidarietà e il rispetto per le differenze possono essere fondati su principi umanisti, che mettono al centro la dignità e il benessere delle persone, senza bisogno di giustificazioni divine. Le Nazioni nordiche, spesso citate per i loro sistemi di welfare avanzati e il rispetto per i diritti umani, dimostrano che è possibile costruire società inclusive e rispettose basate su valori laici.

L’Ateismo Non È una Religione

Un appunto importante: contrariamente a quanto sostengono alcuni religiosi, l’ateismo non è una religione. Non si basa su credenze, dogmi o rituali, ma è semplicemente l’assenza di religione. La definizione stessa di ateismo è stata creata dai credenti per descrivere chi non condivide la loro visione del mondo. Chi non crede non ha bisogno di definirsi: l’assenza di fede non richiede etichette, così come chi non colleziona francobolli non si definisce un “non collezionista di francobolli”. Questa distinzione è cruciale (e ridaglie…), perché evidenzia come l’ateismo non sia un sistema di pensiero che impone qualcosa, ma una posizione che lascia spazio alla libertà di pensiero e di esplorazione.

Il Ruolo della Blasfemia come Provocazione

Io non bestemmio, e tendo a non offendere gli altri in genere, ma questo non significa che non apprezzi determinate fonti di satira. La blasfermia per esempio, contrariamente a quanto si pensa, può essere un potente strumento di provocazione e riflessione. Mettere in discussione concetti considerati sacri aiuta a rompere il muro del dogmatismo e invita a un dialogo autentico. A molti può far ridere che qualcuno creda che la Terra sia piatta: perché allora non dovrebbe far sorridere un ateo l’idea che ci sia un essere divino che controlla ciò che facciamo con gli organi sessuali che ci ha donato, ma al contempo ci lascia liberi di compiere un genocidio in suo nome? O che sia così egocentrico da aspettare le preghiere dei suoi devoti per risolvere i problemi con i miracoli. Tutti problemi marginali come malattie o esami da passare ovviamente, non genocidi e fame nel mondo.

La blasfemia non è una mancanza di rispetto, ma un atto di resistenza contro l’imposizione culturale di credenze. Può sembrare offensiva, ma è spesso una spinta necessaria per stimolare una riflessione più profonda e autentica.

Perché Fare Coming Out sull’Ateismo

Fare coming out sul proprio ateismo non è solo una questione personale, è un atto di responsabilità sociale. Significa affermare che è possibile vivere una vita piena e significativa senza fare riferimento a dogmi religiosi. Significa creare un esempio per chi, magari, si sente isolato nelle proprie convinzioni o viene discriminato a causa di queste.

Singifica segnalare alla politica che esistono persone che li voterebbero più volentieri se non baciassero crocefissi e non facessero deferenze a ogni parola di un leader religioso.

Viviamo in un mondo che ha bisogno di più dialogo, più apertura e più rispetto per le differenze. Fare coming out sull’ateismo è il mio contributo a questo dialogo, nella speranza che possa ispirare altri a fare lo stesso.

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Questo blog non è solo sull’Uso Consapevole Delle Tecnologie

Questo è un blog politico. Che piaccia o no. Ma difficilmente mi si vedrà schierato a favore di un partito, o contro un partito… per partito preso.
Politica è essere o non essere razzisti, essere o non essere a favore dei diritti e delle libertà, politica è scegliere di buttare per terra una cartaccia o di raccoglierla e metterla in un cestino della differenziata, politica è scegliere tra accogliere o discriminare, sono tutte cose che non sono di destra o di sinistra, che non dovrebbero appartenere a l’uno o all’altra fazione politica. Sono “cosa pubblica”, sono bene pubblico.
Qui puoi leggere di più sulla mia idea di politica

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Citazioni a caso

Amare te, piccolo mio, è come cadere da un albero.
Ma se non posso essere la tua donna, non voglio nemmeno essere il tuo cane.
Stephen King
Shining

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