Lei…. tu…. Tu.

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Mesi.
Passano mesi tra il desiderio d’incontrarti e la paura.
Paura.
Mesi.
Lontano da Dio, lontano da me, lontano dall’anima.
Passano mesi che come una contusione coprono il dolore di ferite che sanguinano, continuano a sanguinare imperterrite come niente fosse lasciando una scia dietro visibile agli occhi di tutti, ma i mesi con il loro dolore da contusione nascondono a me che non guardo: una ferita.
Finirà il sangue prima o poi, no? Non posso averne così tanto…
E intanto continuare a cercare contusioni, a rinfrescare quella botta sulla ferita per scordare lo scorrere lento, veloce, scivolando tra un istante e l’altro, tra un sorriso, un abbraccio, tra…

Musiche, era molto che non sentivo questi canti, i canti di questa mattina, era molto che non ripensavo a quei canti, e al Sermig, e ai momenti che lego a questi suoni, e a Roncà e allo scoutismo -quello vero-, e a Dio e a Lei. Era tanto che non mi scendevano lacrime da nascondere tra la folla, consapevole, terribilmente consapevole che se avessi guardato alla mia destra tu saresti stata lì con la mano nella mia mano. Consapevole che da qualche parte lì dentro c’eri anche tu.
Rileggo parole che scrissi, le rileggo con l’occhio del dopo, parole che tramava il destino.
Ed esiste Lei ed esisti tu che non riesco a unire, non riesco a considerare tutt’uno se non quando vi incontro.

Ed intanto passa il tempo cambiando tutto e non cambiando nulla.
Nulla.
E dopo…. dopo quanto che non entravo in quel luogo sacro, costretto ad entrarvi ancora sento quelle musiche che lego a Lei, consapevole di trovarla ti cerco, ti cerco con lo sguardo, e non ti trovo, vedo ovunque capelli come i tuoi, ma su persone troppo alte, troppo basse, o grasse o… eppure Lei è qui, terribilmente fortemente qui e poi… mentre fermo lacrime di acciaio rovente poso lo sguardo su di te e lo ritraggo al volo.
So che ci sei. Questo mi basta, questo mi spaventa, questo mi… non esiste niente.
E c’è Lei e ci sei tu.
Ed oramai devo venire lì o sarei un vigliacco (devo scappare devo scappare) e quantomeno sorridere (fuggi! che cosa fai?!) quantomeno un istante (scappa!), non so neppure guardarti negli occhi, alzo lo sguardo un momento su chi ti è accanto, tua cara amica che non so cosa sappia ma so che ha imparato in questi mesi -credo- a conoscermi un po’ da fuori e sta guardando come ti sto non guardando, credo in uno sguardo abbia compreso tutto. Quanti lì attorno hanno compreso tutto? Che faccia ho? (dovevi andartene prima! Dovevi scappare!) Che faccia ho? E chiudo gli occhi e mi concentro qualche secondo, li riapro e tutti si sono allontanati, mi saluti, mi attendi fuori. Ok è più semplice e tu e Lei mi state guardando, tu ti allontani Lei resta qui accanto. Parlo di formalità, tentenno (non uscire, non uscire) mi avvio verso l’uscita (resta qui dentro per sempre lascia che se ne vada) mi fermo, fingo di aver scordato di dire qualcosa (non uscire), parlo di formalità, tentenno (non uscire, non uscire) mi avvio verso l’uscita (resta qui dentro per sempre lascia che se ne vada) mi fermo, fingo di aver scordato di dire qualcosa (non uscire) e poi esco, sei lì.
Giro a vuoto, saluto gente, saluto, parlo, sei lì, e Lei è qui. Saluto gente (sei in trappola, cosa saluti? Cosa giri a vuoto a fare?!) vorrei dare una ginocchiata al muro ma il mondo è un deserto e ci sei solo tu e Lei, e Lei per la mano mi tira dolcemente verso te.
Saliamo in macchina a parlare, teso come il Do più acuto di un pianoforte, teso come il silenzio. Con Lei a stringere la mia mano sul cambio, o sul volante o nell’anima, non importa. Lei a stringere le mie braccia e tu immobile lontana a lottar per cercare parole non pesanti ne lievi ne troppe ne troppo poche, ed io accanto a Lei… a te… Lei… te… Te, accanto a Te d’improvviso, tra le Tue emozioni le Tue parole e le mie, tra Noi di nuovo un po’ come un tempo.
Accanto a Te.

p.s. Inserendo questo Post è comparsa in alto a destra questa citazione
Ama e fa

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