Siamo ad una nuova tornata elettorale. I soliti vecchi partiti propongono i soliti vecchi programmi. I diversamente giovani si scannano guardando locandine che ti dicono che se voti un partito farai meno fatica a bere dalla bottiglietta d’acqua perché è l’Europa cattiva a mettere i tappi anti-distacco, che se voti una donna brutta è peggio che se voti una donna bella, o che se voti un certo partito proteggeranno la tua casa.
I giovani invece ignorano questa bagarre e si preoccupano sempre meno di votare, di scegliere.
Sono molti i motivi per cui è importante votare, certo:
- Anche se non c’è il tuo partito ideale è probabile ci sia quello opposto al tuo ideale e puoi togliergli potere
- Se i giovani non votano, i diversamente giovani decideranno per loro
- Se ci dovessero essere illeciti e tentativi di direzionare il voto questi vengono mitigati solo se a votare sono in tanti
- Poi almeno se le cose vanno male puoi lamentarti, se non hai partecipato alla decisione sarebbe decisamente inappropriato
Ma i giovani continuano a non votare.
E quindi? Quindi vedo sempre più diversamente giovani cercare di convincere i giovani a votare, per lo più con la stessa retorica che gira attorno ai quattro punti di cui sopra. Ma perché i giovani non sono interessati?
Secondo me la colpa è essenzialmente dei diversamente giovani stessi. Io ho un’età che nelle statistiche risulta intermedia tra i giovani, che in genere sono quelli sotto i 30, e i diversamente giovani che in genere sono quelli sopra i 50 e mi trovo davvero in mezzo. Vedo i problemi che hanno quelli più giovani di me e in parte godo di alcuni -pochi- dei privilegi di chi è più vecchio di me.
Il motivo per cui i giovani non votano, ne sono convinto, è semplicemente perché non si sentono rappresentati. Non ci sono partiti degni di nota che puntino al futuro in maniera vera e credibile. Non ci sono partiti che pensano ai bisogni che hanno i giovani, le difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro, le difficoltà a pagarsi gli studi, le difficoltà a rendersi autonomi, la lotta vera al cambiamento climatico passando da canoni di scientificità e non da slogan che non portano a nulla, gli stipendi da fame, i contratti a termine che si rinnovano infinitamente mentre le banche ti schifano, la libertà di essere ciò che si è senza doverne rispondere a qualcuno, una parità di genere che non sia di facciata, ma credo si potrebbe andare avanti a lungo.
Di cosa parlano invece i partiti?
- Riforme relative alla UE per migliorarla secondo il punto specifico del partito specifico
- Maggior o minore sovranità degli stati
- Gestione del debito comune
- Creazione di un esercito comune europeo, o rafforzamento della Nato
- Gestione delle migrazioni
- Reddito minimo
- Blandi impegni verso la neutralità climatica
Forse il reddito minimo potrebbe interessare a questi giovani, mentre sono occupati a saltare da uno stage all’altro e poi da un contratto temporaneo ad un altro. Forse gli impegni verso la neutralità climatica, anche se è probabile che chi fatica ad arrivare a fine mese non abbia a cuore moltissimo di quello che succederà il mese successivo, non tanto a cuore da dovercisi impegnare a fondo in prima persona almeno.
E di chi è la colpa della loro sottorappresentanza? Dei giovani che non votano? Dei giovani che, in una nazione la cui media di età è sempre più alta e le nascite sempre più basse, sono ormai una minoranza?
Se questa è la narrazione che vogliamo portare avanti è e rimarrà un cane che si morde la coda. Anche se votassero sarebbero sottorappresentati. E se votassero “il meno peggio” non farebbero che confermare a quel partito di essere sulla strada giusta e rafforzarne la posizione e l’immobilismo.
La colpa non è dei giovani ma di tutti gli altri. Dei diversamente giovani e di quelli dell’età di mezzo come la mia che passato il periodo della gioventù e risolti i (o abituati ai) problemi tipici di quell’età smettiamo di pensarci. Molti dei diversamente giovani pensano che il mondo del lavoro sia ancora come ai loro tempi, che basta impegnarsi e si emerge, molti della fascia intermedia pensano che da quando hanno trovato lavoro loro le cose non siano peggiorate ulteriormente. E se ne fottono. Non trovo un termine più preciso. Se ne fottono dei problemi dei giovani. E così i programmi elettorali sono costruiti sui desideri di chi giovane non è più. Sono costruiti su temi che interessano a chi giovane non è più. Si tratta solo della legge del mercato, se si vuole cambiare il mercato deve essere il consumatore ad agire e il consumatore ad oggi non sono i giovani. Solo che spesso aiutare i giovani a trovare lavoro o a guadagnare di più implica mettere in difficoltà qualche diversamente giovane che li deve assumere e pagare, o intaccare qualche pensione d’oro. Aiutare i giovani a sentirsi liberi di essere significa mettere in difficoltà qualche non giovane attaccato a determinate tradizioni. Aiutare i giovani implica mettere in gioco dei diversamente giovani che dovranno cambiare qualcosa delle proprie vite e che non hanno voglia di farlo.
Se il mercato propone polli, e vende abbastanza polli da mantenersi, non si metterà mai a produrre tappi, se chi li chiede è una minoranza irrisoria. Produrrà polli di tipo diverso, inventerà alternative interessanti che possano portare via qualche consumatore di pollo e convincerlo a mangiare magari del tacchino, ma non produrrà mai tappi. Soprattutto se produrre tappi implica scontentare in parte chi vuole polli. Inizierà a produrre tappi solo quando i propri consumatori cominceranno a lamentarsi e a dire di volere tappi. Dobbiamo volere tutti i tappi, anche se non ci servono, dobbiamo volerli per loro.
Ai diversamente giovani piace guardare i giovani e sorridere sotto i baffi dicendo c’è speranza, guarda che bravetti che sono, quando non passano il tempo a criticarli perché non sono come ai loro tempi quando a causa del boom economico i giovani erano una schiacciate maggioranza. Ma se si vuole speranza per il futuro bisogna lottare per i giovani, non osservarli come fossero animaletti. E dobbiamo essere noi a farlo. Non dicendogli è importante votare, ma pensando in ogni nostra azione quali sono le conseguenze su di loro.
Dobbiamo essere una risorsa per loro, non il loro freno.
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