Una goccia che cade.
Liquido denso sulla superficie di un’altro.
Una goccia di miele in un bicchiere di bianco caldo latte.
Ed erano anni, forse millenni, ere che quella goccia dall’alto si formava,
lentamente.
Con.
I.
Suoi.
Tempi.
Lentamente.
E non c’è un perché, non c’è un quando, non c’è nulla da chiedere o chiedersi.
Lentamente.
A formarsi da un piccolo infinitesimo puntino a raccogliere sostanza,
raccogliere e ingrandirsi, prendere forma,
scolpirsi, modellarsi fino ad essere tonda, grande, forte,
fino a sentirsi pronta.
Per poi infine scendere.
Lanciarsi,
lasciarsi andare.
Giù.
Volare un istante,
o cadere con stile.
E giù
fino all’impatto, dolce, lieve ma deciso.
Sentirsi per qualche momento allargare sulla superficie mentre questa si sposta,
sentirsi per qualche istante espandersi e ritirarsi per mantenere la propria massa
la propria essenza,
e poi lentamente disfarsi, confondersi, scendere come in un piccolo flusso unendosi
facendo parte stessa del resto,
creando qualcosa che non è più l’uno o l’altro,
creando qualcosa.
Creando.
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