Non scriverò più.
Mai più.
Non perché non lo desideri
o perché sia stanco di farlo.
Non perché non ne sentirò più il bisogno.
Non scriverò più perché mai più avrò idee come ne ho avute fino ad oggi,
perché ho già scritto tutto,
detto,
discusso,
perché non c’è più nulla di nuovo,
perché non c’è più nulla.
Non scriverò mai più,
come ogni volta,
come ogni volta tra l’ultima e la successiva,
come ogni volta che finisco qualcosa,
prima di iniziarne un’altra.
Non scriverò più.
Tag: Poesia
“L’amore non è quello che quei poeti del cazzo vogliono farvi credere. L’amore ha i denti, i denti mordono, i morsi non guariscono mai.”
-Stephen King-
Attendo
Resto qui,
sulla riva del tempo.
Lo osservo scorrere.
A volte lento
come come la sabbia
erosa dal vento
dalla cima di un monte.
Altre veloce,
come un incedere di fiera.
Resto qui e lo osservo.
Scorre davanti a me
mentre attendo il mio cadavere passare.
Resto qui e aspetto di saltarci sopra,
nuovo battello a proteggermi dall’annegare.
I bei tempi andati
Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati,
non la ricerca di un futuro irrealizzabile,
non amare un passato ideale
non sacrificare giorni per un forse.
Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati,
quando tra qualche anno ti guarderai indietro,
quando dovrai fare i conti con quello che è stato,
quando non potrai più avere un futuro davanti
Ricorda che saranno questi
i bei tempi andati
e vanno vissuti come tali,
ogni istante,
ogni istante.
…
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L’ombra davanti
C’è qualcosa in più dell’ombra lunga che si trova davanti a te al mattino
o di quella che si trova alle tue spalle man mano che il sole tende all’orizzonte.
E non importa a che punto della volta celeste sia il sole
-tanto non lo saprai che all’ultimo-
fai che sia sempre alle tue spalle,
e se sarà alto in cielo fermati e guardati dentro.
Sia l’esperienza a prendere e l’esperienza a creare.
…
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Urlo
Urlo
Non è per loro che scrivo,
non è per loro che suono,
non è per loro che sento il bisogno di esprimermi
talvolta in modo sgraziato
o ricercato
o dolce
o nella rabbia di versi inumani.
Non è per qualcuno, che creo, ma contro.
Contro di te.
Contro le tue ostruzioni.
Contro le tue ostinazioni.
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Nel mare ci sono i coccodrilli
Nel mare ci sono i coccodrilli, scritto da Fabio Geda racconta la storia di un migrante, uno vero. Enaiatollah Akbari era poco più di un ragazzino quando dall’Afghanistan ha deciso di viaggiare verso l’Italia alla ricerca di una speranza. Questo libro racconta la sua storia attraverso l’intervista dell’autore, passo passo in una maniera delicata e forte come difficilmente qualcun’altro sarebbe riuscito.
I linguaggio è quello semplice di un ragazzo, di una persona che conosce poche parole della nostra lingua ma che le sa usare. Passa da paragoni come “alto come una capra” a “bruciato come un hamburger del McDonald’s rimasto troppo tempo sulla piastra mescolando cose che con la nostra cultura non hanno a che fare nel modo più assoluto a cose che non dovrebbero, almeno virtualmente, fare parte che di quella.
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La vita è fiume
La vita è fiume.
Diramazioni continue,
salti, gorghi voluttuosi in rivoli di cascate.
Imprevedibili.
Voltati e non c’è uno ieri, voltati e non c’è un domani.
salti, gorghi voluttuosi in rivoli di cascate.
Imprevedibili.
La vita è fiume.
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La rabbia di un tempo
Cerco in me la rabbia di un tempo
quella che mi strappava parole.
Ma ci sei tu. Ne assorbi ogni lembo
in modi che nessuno saprebbe immaginare.
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Sogno lucido
Io non ero lì.
Il mio sé era altrove, in un mondo lontano da me.
Ho aperto gli occhi
-hai risposto a una domanda-
e occhi azzurri di fronte a me mi stavano osservando
-forse ho parlato nel sonno?-
Erano lì, ero lì io, eri lì tu,
allo stesso punto della strada.
Non ho avuto paura.
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Perché ho smesso di scrivere poesie
Scrivevo molta più poesia un tempo.
Ho scritto sempre molto, ricordo il primo racconto che ho scritto era qualcosa come il 1990. avevo otto anni, forse nove. Raccontava di un viaggio nello spazio in cui io, nel 2017 andavo su Marte e incontravo una popolazione aliena, ma non era fantascienza, utilizzava il cliché inizio novecentesco della perdita di sensi momentanea a distinguere la parte reale da quella immaginaria, un trucco mutuato da Poe o da altri scrittori della sua epoca. Avevo descritto la morte da dentro il morente descrivendo una serie di deformazioni sensoriali e poi la sua resurrezione in questo mondo alieno. Non spiegavo se il protagonista fosse morto davvero o no, se fosse inteso come reale o no tutto quanto accadeva dopo. Avevo otto anni, era il mio primo racconto e non so dire da dove venisse, avevo letto Il Richiamo Della Foresta, 20.000 leghe sotto i mari, forse qualcosa di Salgari non di più.
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Io non ci credo.
Come sentire sulla schiena spingere.
Tra le scapole.
In mezzo.
L’avrei chiamato destino un tempo
-quando avevo una fede-
l’avrei chiamato il cospirare del mondo,
non fosse che il mondo lo conosco.
Io non ci credo.
Siete voi a farlo ed è questo che spinge avanti.
Tra le scapole.
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Ho visto me stesso
Ho visto me stesso ieri.
Era dentro di me.
Era nascosto là sotto tra le paure, sotto quel sorrisetto stentato.
Sotto anni di “non dire”.
Ho incontrato me stesso.
Ero qui.
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