Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

La disaffezione dal “Social”

Il processo in me è iniziato da un po’, ammetto di essere sempre stato piuttosto altalenante nell’uso dei Social Network. So ad esempio di averne abusato ai tempi dei forum quando la parola “Social Network” non era ancora stata coniata ma sui forum si conoscevano persone reali, iniziavano discussioni reali che si perpetravano a volte anche per mesi o anni e che sfociavano in cene, concerti, amicizie, talvolta matrimoni. La venuta di quelli che oggi si chiamano Social Network al contrario è corrisposta ad una maggiore asocialità. Ma non è di questo che voglio parlare. I Social Network sono riusciti a sostituire i vecchi bar di paese in tutto e per tutto, in primis in quello che era la voce di paese, la leggenda metropolitana perpetrata, il mi ha detto mio cugino divenuto il ha condiviso il mio amico, si è espansa fino a diventare realtà come un tempo diveniva realtà nel piccolo quartiere o nella cittadina.

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#Scriverefestival, lo speed date dei miei sogni

La scorsa settimana ho avuto il piacere di partecipare allo Scrivere Festival.
Si tratta di uno dei pochi -forse l’unico? Chissà- festival il cui scopo è davvero mettere in contatto gli scrittori esordienti con Agenti letterari ed editor di case editrici importanti, in questa edizione per esempio erano presenti

Alessandra Bazardi Agenzia Letteraria
Bennici&Sirianni Agenzia Letteraria
E/O
Le Mezzelane
Newton Compton
Otago
Rizzoli
Scriptorama
Sperling & Kupfer
Ventura Edizioni

Ad ogni iscritto è stato dato il modo di parlare con ognuno degli Agenti o Editor per una decina di minuti, esporre liberamente un proprio progetto, avere uno scambio di opinioni e dei consigli. Un faccia a faccia con alcuni personaggi di cui è davvero difficile trovare un contatto diretto e che normalmente non avrebbero lontanamente il tempo di ascoltare uno scrittore che resta nel mucchio in mezzo a un infinità di altri scrittori.

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Il mondo al di là della porta

Ero seduto su quel marciapiede l’altro giorno, sembrano secoli, sembra ripetersi ancora ed ancora da secoli ma ero lì. Pensavo di nuovo a Childe Roland alla Torre Nera giunse mentre aspettavo con una porta chiusa alle spalle. Il rumore lieve infinitesimo dello spioncino dall’altra parte della porta lo sentivo, sì. Anche se quel vialetto sembrava allargarsi nel tempo, allontanarsi. A volte lo spazio ed il tempo si dilatano e altre restringono. Lo sentivo dilatarsi come se fossero passati secoli, come se a dividermi da quella porta fossero migliaia di chilometri. Ero lì. Seduto sul ciglio della strada. Pensavo di nuovo a Childe Roland alla Torre Nera giunse con il mio Moleskine aperto a scrivere e stavo scrivendo quello che tu ora stai leggendo, perché a volte il tempo e lo spazio si dilatano o restringono fino a farci essere nello stesso luogo, nello stesso istante nonostante il tempo e lo spazio ci dividano.

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Perché ho smesso di scrivere poesie

Scrivevo molta più poesia un tempo.
Ho scritto sempre molto, ricordo il primo racconto che ho scritto era qualcosa come il 1990. avevo otto anni, forse nove. Raccontava di un viaggio nello spazio in cui io, nel 2017 andavo su Marte e incontravo una popolazione aliena, ma non era fantascienza, utilizzava il cliché inizio novecentesco della perdita di sensi momentanea a distinguere la parte reale da quella immaginaria, un trucco mutuato da Poe o da altri scrittori della sua epoca. Avevo descritto la morte da dentro il morente descrivendo una serie di deformazioni sensoriali e poi la sua resurrezione in questo mondo alieno. Non spiegavo se il protagonista fosse morto davvero o no, se fosse inteso come reale o no tutto quanto accadeva dopo. Avevo otto anni, era il mio primo racconto e non so dire da dove venisse, avevo letto Il Richiamo Della Foresta, 20.000 leghe sotto i mari, forse qualcosa di Salgari non di più.

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Come smettere di ricevere SMS pubblicitari da Vodafone (e forse altri operatori)

Come molti altri sono stato per qualche tempo cliente di Vodafone, e come molti altri dopo aver cambiato operatore telefonico ho cominciato a ricevere SMS pubblicitari per convincermi a tornare in Vodafone. Nel tempo ho provato a telefonare al 190, ha mandare lettere di reclamo e altre strade e nessuna ha sortito l’effetto sperato. Stanco di ricevere sms su sms alla fine ho provato a scrivere pubblicamente sulla loro pagina Facebook, per provare a richiedere il blocco dell’invio degli SMS per il rientro in Vodafone. Ovviamente con il mio stile…
Finalmente ho ricevuto risposte:

Dopo aver scritto a loro via chat fornendo il mio numero di telefono ho ricevuto un sms sul numero con scritto “Ciao, rispondi a questo messaggio scrivendo ACCETTO seguito dal Codice Numerico che ti abbiamo inviato tramite Facebook”, al quale ho risposto appunto “ACCETTO 1xxxxx”


A quanto pare ora non ricevo più sms pubblicitari da parte di Vodafone e mi sono liberato da quella che sembrava una ex morosa disperata alla ricerca di riallacciare un rapporto.

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Fare l’amore con la scrittura

L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità, – si vorrebbe morire.
-Cesare Pavese-

Ho sempre creato un legame nella mia mente tra la scrittura e altri tipi di piacere, in particolare l’orgasmo (ne ho già scritto). Nel tempo ogni cosa evolve, cresce matura. Crescono tutte di pari passo con l’esperienza. Quando paragonavo il piacere della scrittura all’orgasmo non conoscevo a fondo nessuna delle due, erano le prime esperienze i primi momenti, le prime cose brevi ed intense. Fossero scritte o provate. Nella vita ci sono momenti in cui il desiderio più forte è quello di provare nuove cose, diverse l’una dall’altra, bruciare come lampi o fuochi fatui in una forma di bulimia compulsiva.

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La paura di fallire

Fallire. Il mondo è zeppo di paura di fallire, di provare a fare qualcosa e non arrivarci in fondo. Fallire in uno sport in cui non sei sicuro di eccellere, fallire provando ad imparare a suonare uno strumento musicale, fallire un esame all’università, fallire la scelta degli studi, fallire in un rapporto di coppia, fallire un colloquio di lavoro, fallire l’organizzazione di un viaggio ambizioso, fallire un’attività lavorativa, fallire nello scrivere un libro, fallire nel dichiarare il proprio affetto, fallire nel coltivare un fiore, fallire nel fare un dolce. Fallire.
Fallire fa paura.
Io l’ho fatto un milione di volte. L’ho fatto anche oggi. Anche ieri. Sono abbastanza sicuro che lo farò anche domani, ormai mi conosco abbastanza per conoscere dove andrò a schiantarmi miseramente, come mi sentirò, quale sarà il livello di sofferenza.

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Sulle persone che amano la montagna

Ci sono tre sport che amo in questo periodo. Ne ho fatti molti, più di quanti potrei ricordarmi cercando di fare un elenco in questo momento, non sono mai stato un patito di nessuno di questi, forse dell’atletica leggera a suo tempo. Gli sport che amo in questo periodo sono nell’ordine il running, la subacquea e il trekking. Ognuno ha il suo perché nell’economia della mia vita, ognuno ha il suo ruolo specifico.
Il running lo vivo come espressione massima di solitudine. Lo vivo così un po’ perché non sopporto molto di dover andare al ritmo di qualcun’altro che sia più o meno veloce di me. E non sopporto molto l’idea di costringere qualcun’altro al mio ritmo. Facendo running ho modo di pensare, di ragionare, di estraniarmi dalla realtà e osservando solo quei due metri che separano me dai prossimi tre passi lasciare fluire il tempo.

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Le domande del vivo

Ci sto pensando da un po’. Al togliersi la vita, non specificatamente al togliermi la vita. Ne ho scritto un po’ “Una società incapace di comprendere il suicidio e la droga“, ma non come avrei voluto. Recentemente sembra che il suicidio stia diventando particolarmente mainstream, tra la mezza bufala del Blue Whale,  13 Reasons Why  che ne da una visione piuttosto romanzata e meno drammatica ma che potrebbe aiutare molti a capirne almeno parte dei meccanismi, il suicidio di Chris Cornell. Un mito della gente della mia età, uno che almeno una volta nella vita avresti voluto essere al suo posto, su quel palco, davanti a migliaia di fan in deliro, un uomo da invidiare.
Non credo sia un male parlarne. Credo che la società dovrebbe essere maggiormente in grado di recepire il suicidio come realtà possibile e comportarsi di conseguenza, non tanto per evitarlo come fatto in sé quanto per evitare che le persone che abbiamo accanto soffrano al punto di arrivare a questa scelta.

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Il bullismo visto da dentro e come una vittima può cambiare il mondo.

Faccio scoutismo da venticinque anni, credevo di aver visto tutto il vedibile. Oggi invece è accaduta una di quelle cose che ti fanno capire che lo scoutismo non è un gioco e che da valore a tutti quei venticinque anni e ai cento dieci da quando lo scoutismo esiste. La ragazzina considerata più “sfigata”, presa in giro, bulleggiata, la più timida, quella che sta sempre nel suo mondo prende e fa un monologo di venti minuti. Un monologo costruito con un preambolo che sembra stupido ma che poi riprende a metà stroncandoti e facendoti capire un mondo, un monologo sul bullismo visto dal suo punto di vista, un monologo in cui racconta a tutti la propria vita e le proprie difficoltà. Tutto il reparto in s20ilenzio ad ascoltarla assorti, la gran parte con le lacrime agli occhi, anche gli adulti. Un monologo che ha aperto una discussione sul bullismo tra i ragazzi, in cui perfino il più cazzaro ha deciso di aprirsi e raccontare la sua esperienza in modo serio e profondo.

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