Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

boy in virtual reality helmet playing joystick

La percezione della realtà nei social

L’opinione pubblica è da sempre un fattore importante che tende però a sbilanciare il concetto di democrazia in maniera non lineare. Basti pensare al concetto che nel calcio conti più l’opinione del pubblico rispetto ai risultati per rimuovere un allenatore della nazionale, o che lo stesso possa valere in talune situazioni per quanto riguarda ministri in politica. In quei casi una percentuale urlante determina una scelta prettamente economica (nel caso del calcio) o di mero consenso (nel caso della politica) non dettata da una reale maggioranza in quanto in genere la reale maggioranza è semplicemente quella in silenzio: se non ho motivo di lamentarmi non mi metterò ad alzare la voce e lascerò che chi alza la voce si scaldi senza il mio intervento.

Fino a poco tempo fa avrei creduto non fosse necessario fare un ripasso su cosa significhi democrazia e probabilmente per la larga maggioranza di chi segue questo blog non è necessario; tuttavia, nel dubbio ci tengo a ricordare che una democrazia si muove sul volere di una maggioranza e non delle piccole minoranze che urlano più forte.

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In viaggio sul cammino di Santiago: Secondo ritorno alla realtà

“Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?
Guardrate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?
E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?
E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.”
-Vangelo di Matteo. 6,25-29-

Oggi è il secondo giorno di realtà dopo un’altra settimana di cammino. Abbiamo superato la metà del percorso. Le Mesetas di inverno sono state un cammino strano rispetto alla prima parte.

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Per parlare di Rifugiati bisogna mettere foto di gattini?

Post modificato il 20 luglio alle 18:25

Qualche giorno fa ho scritto un articolo sul’essere rifugiato, cercando di confrontare la visione che può avere il cittadino italiano medio con quella che può essere l’esperienza di un rifugiato vero, anche se l’ho chiamato rifugiante. L’immagine che ho scelto per rappresentare l’articolo è stata quella di un disegno che riprendendo il tema dei bambini deceduti in questi viaggi della speranza ne propone uno sulla soglia di casa su uno zerbino con scritto in inglese “negato”.
Perché ho scelto questa immagine? Inanzi tutto perché marcata come libera per l’utilizzo, in secondo luogo perché trattava il tema giusto, ed infine perché avrebbe colpito.

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Una risposta che ho ricevuto su twitter è stata questa immagine, senza alcun ulteriore commento

Ovviamente dal profilo di qualcuno che non ci mette la faccia ma che mette a profusione la faccia del nostro beneamato Ministro Dell’Interno.

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Rifugiarsi

Rifugiarsi, rifugiato, rifugio.
Ricorrono spesso queste parole, questi concetti. Li sento ripetere, parlarne, parlarne ancora. A proposito, a sproposito, in maniera utile e inutile. Ho sempre amato andare a fondo delle parole e capirne il significato etimologico. A forza di ripetere la stessa parola, la stessa radice diventa più un fonema che un significato.
Si scinde il significato dal simbolo, come quando si opera per iscritto su una addizione di grandi numeri. Non è più la somma di quei due numeri ma la somma dei significati che attribuiamo ad altri simboli in cui abbiamo scomposto quel numero. La somma dei significati dei simboli più a destra, e via via spostandosi a sinistra ignorando il numero reale da cui siamo partiti.
Rifugiarsi, rifugiato, rifugio.
Rifugio è la radice, dal latino Refúgium, da RefúgereRe -dietro- e fúgere -fuggire-.

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Complottismo e Anticomplottismo

Negli ultimi anni, l’espansione di Internet e la conseguente accelerazione e popolarizzazione dell’informazione ha cambiato il nostro mondo in diversi modi.

Umberto Eco aveva riassunto in una maniera quantomai efficace quanto stava accadendo, era il 10 giugno 2015 durante l’incontro con i giornalisti in occasione della laurea honoris causa in Comunicazione e cultura dei media conferitagli dall’Università di Torino, parlava di Twitter ma in generale dei social media

…dà diritto di parola a legioni di imbecilli, i quali prima parlavano solo al bar dopo due o tre bicchieri di rosso e quindi non danneggiavano la società. […] Sono della gente che di solito veniva messa a tacere dai compagni […] e che adesso invece ha lo stesso diritto di parola di un premio Nobel. […] Credo che dopo un poco si crei una sindrome di scetticismo, la gente non crederà più a quello che gli dice Twitter.



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La bestia

Questo sarà il resoconto fedele di quanto accadde realmente quella notte di tredici anni fa, perché tutto quello che si è detto, le leggende che ne sono nate sulla mia persona non sono più reali di una fiaba per bambini. Non racconterò di quello che già sapete, di come affrontai il mostro e di come lo uccisi se davvero questo è quello che è accaduto, non mi soffermerò su quanto già scritto nei resoconti pubblici che ormai tutti avete letto e riletto, ma solamente su quanto in quei resoconti non è stato scritto. Su quanto non ho mai confessato ad anima viva. Ad anima. Viva.
Perché ora dopo tredici anni scelgo di scriverne? Perché sento che le forze mi stanno abbandonando, che il processo iniziato quel giorno sta arrivando a compimento, perché sappiate che cosa dovrete affrontare quando io me ne sarò andato. Io lo compresi quasi immediatamente, quando dopo essermi pulito di tutto quel sangue, dopo che il mio corpo fu recuperato alla fine di quella battaglia memorabile mi ritrovai a guardare nel piatto che sarebbe stata la mia cena.

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Fare l’amore con la scrittura

L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante. Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità, – si vorrebbe morire.
-Cesare Pavese-

Ho sempre creato un legame nella mia mente tra la scrittura e altri tipi di piacere, in particolare l’orgasmo (ne ho già scritto). Nel tempo ogni cosa evolve, cresce matura. Crescono tutte di pari passo con l’esperienza. Quando paragonavo il piacere della scrittura all’orgasmo non conoscevo a fondo nessuna delle due, erano le prime esperienze i primi momenti, le prime cose brevi ed intense. Fossero scritte o provate. Nella vita ci sono momenti in cui il desiderio più forte è quello di provare nuove cose, diverse l’una dall’altra, bruciare come lampi o fuochi fatui in una forma di bulimia compulsiva.

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Sulle persone che amano la montagna

Ci sono tre sport che amo in questo periodo. Ne ho fatti molti, più di quanti potrei ricordarmi cercando di fare un elenco in questo momento, non sono mai stato un patito di nessuno di questi, forse dell’atletica leggera a suo tempo. Gli sport che amo in questo periodo sono nell’ordine il running, la subacquea e il trekking. Ognuno ha il suo perché nell’economia della mia vita, ognuno ha il suo ruolo specifico.
Il running lo vivo come espressione massima di solitudine. Lo vivo così un po’ perché non sopporto molto di dover andare al ritmo di qualcun’altro che sia più o meno veloce di me. E non sopporto molto l’idea di costringere qualcun’altro al mio ritmo. Facendo running ho modo di pensare, di ragionare, di estraniarmi dalla realtà e osservando solo quei due metri che separano me dai prossimi tre passi lasciare fluire il tempo.

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Il profilo della Montagna

Ho parlato spesso della montagna. Amo il mare, amo la natura in genere, amo viverla ma soprattutto amo la montagna. Sono molti i motivi ma uno di quelli che ho potuto provare in questi giorni è perché puoi osservarne il profilo. Il profilo di una montagna, da lontano, ti ricorderà sempre che tu la sopra ci sei stato. E non potrà mai togliertelo nessuno, neppure quando non sarai più in grado di salirci. Ti ricorderà sempre che la sopra ci sei stato, ti ricorderà sempre il sudore e il sangue e le bestemmie e il dolore delle spalle ma soprattutto ti ricorderà la soddisfazione di guardare il mondo da lassù. E non importa se sia stata un impresa che molti o pochi hanno fatto importa quello che tu hai provato salendoci, la sfida che hai ingaggiato con te stesso e con lei.

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Le domande del vivo

Ci sto pensando da un po’. Al togliersi la vita, non specificatamente al togliermi la vita. Ne ho scritto un po’ “Una società incapace di comprendere il suicidio e la droga“, ma non come avrei voluto. Recentemente sembra che il suicidio stia diventando particolarmente mainstream, tra la mezza bufala del Blue Whale,  13 Reasons Why  che ne da una visione piuttosto romanzata e meno drammatica ma che potrebbe aiutare molti a capirne almeno parte dei meccanismi, il suicidio di Chris Cornell. Un mito della gente della mia età, uno che almeno una volta nella vita avresti voluto essere al suo posto, su quel palco, davanti a migliaia di fan in deliro, un uomo da invidiare.
Non credo sia un male parlarne. Credo che la società dovrebbe essere maggiormente in grado di recepire il suicidio come realtà possibile e comportarsi di conseguenza, non tanto per evitarlo come fatto in sé quanto per evitare che le persone che abbiamo accanto soffrano al punto di arrivare a questa scelta.

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