Il processo in me è iniziato da un po’, ammetto di essere sempre stato piuttosto altalenante nell’uso dei Social Network. So ad esempio di averne abusato ai tempi dei forum quando la parola “Social Network” non era ancora stata coniata ma sui forum si conoscevano persone reali, iniziavano discussioni reali che si perpetravano a volte anche per mesi o anni e che sfociavano in cene, concerti, amicizie, talvolta matrimoni. La venuta di quelli che oggi si chiamano Social Network al contrario è corrisposta ad una maggiore asocialità. Ma non è di questo che voglio parlare. I Social Network sono riusciti a sostituire i vecchi bar di paese in tutto e per tutto, in primis in quello che era la voce di paese, la leggenda metropolitana perpetrata, il mi ha detto mio cugino divenuto il ha condiviso il mio amico, si è espansa fino a diventare realtà come un tempo diveniva realtà nel piccolo quartiere o nella cittadina. Al bar c’era sempre chi aveva un’opinione su tutto, ora sui social tutti hanno un’opinione su tutto. Quello che un tempo era quel ristorante giapponese è il migliore, me lo ha detto una mia amica che lavora all’Asl si è trasformato in un mucchio di avvocati, ingegneri strutturali, giuristi.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia sopportazione è legata ad un grave fatto di cronaca recente, non importa quale perché chi sta leggendo nei giorni vicini lo riconoscerà, chi leggerà più avanti forse ne avrà perso memoria. Ci sono stati diversi modi di reagire sui social, perché ovviamente bisogna reagire, dire la propria, muoversi, mostrarsi. Proverò a farne un semplice elenco cercando di stare tra il serio e il faceto
- Il buono: ne pubblica la foto facendo con didascalia simile a Rispettiamo il silenzio o Solo rispetto per le vittime o cose del genere, di fatto perdendo l’occasione di rispettare il proprio stesso appello e cogliendo quella di farsi vedere buoni
- Lo sfruttatore: ne pubblica la foto per pompare l’indignazione, è colpa di tizio, l’Italia va a rotoli, quando c’era lui… per lo più a sproposito, ma mai farsi mancare la ghiotta occasione di farsi notare, tanto se cavalchi l’indignazione vinci sempre.
- Lo sfruttatore di secondo livello: aspetta che lo sfruttatore scriva la sua cazzata, tanto si sa che lo farà, è solo questione di tempo, in genere pochissimo tempo. Poi condivide il contenuto accusandolo di strumentalizzare la questione, di fatto strumentalizzandola a sua volta
- Il buono di secondo livello: aspetta che Il buono, Lo sfruttatore e Lo sfruttatore di secondo livello abbiano iniziato a litigare tra loro, perché spesso anche Il buono alla fine non riesce a trattenersi, a quel punto ricorda a tutti che nessuno sta pensando alle vittime, che stanno tutti strumentalizzando la cosa per rendersi belli e farsi notare. Rendendosi bello e facendosi notare.
- Il buono di terzo livello: scrive qualcosa come questo articolo risultando assolutamente ipocrita e finto perfino a sé stesso già mentre lo scrive. Ma comunque è felice di essersi fatto notare e si sente più intelligente degli altri.
- L’espertone: scrive la sua, si dilunga in aspetti tecnici specifici, indignato come non mai spiega perché hanno sbagliato, ma nella realtà ha imparato tutto per scienza infusa, o per aver studiato all’Università dell’Internet mentre nella vita si occupa di tutto meno che quell’argomento. Si fa notare molto e se gli va bene fa una gran bella figura.
- L’espertone Vero: al contrario de L’espertone, padroneggia davvero il tema ma non si sbilancia se non per dire a L’espertone che non ha titolo per parlare di quell’argomento. Si fa notare prevalentemente sulle spalle del suo fratello minore, vive di luce riflessa e se nessuno fa L’espertone si trova smarrito.
- L’esperto: Figura rarissima ormai quasi introvabile. Padroneggia il tema è dà la sua opinione tecnica precisa, ma non fa notizia, nessuno se ne accorge e vive di continue frustrazioni subissato da L’espertone e da L’espertone vero. Di tutti è forse quello meno visibile.
- Lo stronzo: Ignora la notizia, pubblica la foto di un gattino e se la gode passando sopra a tutto.
In pratica ci si trova immersi in un mondo in cui qualsiasi cosa si faccia, o non faccia, ci si ritroverà in una categoria, in una scelta, in un prendere posizione in una continua gara tra chi vuole farsi notare e farsi bello. Una sagra dell’egocentrismo intervallati da selfie, foto di vacanze e immagini che mostrano un successo dietrologie all’altro. Dire la verità senza scontrarsi diviene pressoché impossibile, non schierarsi equivale a far si che gli altri ti infilino in una categoria, in genere quella opposta alla loro. L’opinione di chiunque vale come quella di chiunque altro, esperto o non, competente o non, intelligente o non in un tripudio di verità contrastanti ma assolute.
Nessuno che abbia ragione, tutti torto in un relativismo che ormai è l’unico assolutismo. Non puoi dire la tua o finirai per scontrarti, non puoi farti i fatti tuoi o finirai per scontrarti.
E poi se le stesse persone le incontri per strada ci si saluta con imbarazzo senza scambiare più di due parole.
Alla fine, ti importava relativamente anche della discussione e sai che parlando non c’è il tempo che hai quando stai scrivendo, meglio nascondersi dietro la tastiera per affrontare il mondo.
Mi sono dato una regola da oggi. Non più di tre interventi, se la cosa non si risolve non importa.
Per il resto giudicatemi come vi pare, e se volete parlarmi, discutere con me, suonatemi il campanello ed entrate in casa che ci beviamo qualcosa.
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