Talvolta, quando meno te lo aspetti, un profumo, un colore rosso, una voce, una scritta e ti crolla addosso qualcosa.
Improvviso.
Non tanto come un macigno, quanto forse un pannello di polistirolo, ti crolla addosso improvviso nel silenzio, lo senti, ti senti attraversarlo, nessun dolore, nessun calore.
E ti ritrovi nel passato, o in un altro luogo, ti trovi disperso in pensieri che credevi allontanati, andati.
Destabilizzazione.
Destabilizzazione.
Destabilizzazione.
“Penso ai fatti che….
ci legavano nel tempo
penso ai fatti che…
(legavano noi due)”
Pensare a momenti stupendi, pensare a momenti al contrario di sofferenza
“Oscuravano anche il sole che mi brucia dentro l’anima
oscuravano anche Dio, il mondo, l’universo”
Penso alle parole che sto scrivendo per “eri qui” e mi accorgo come tutto questo stia prendendo profondamente parte della mia anima inespressa, come l’urlare quel testo sia in qualche modo urlare al mondo ciò che sono, ero, eravamo, siamo, è.
Un po’ un nuovo mondo che si apre da affrontare, un po’ una giustificazione del mio allontanarmi da ciò che chiamate poesia ed in realtà il continuare a far ciò che facevo e che non è tale, ma solo a farlo in un modo vagamente diverso.
Ma in realtà “penso a quegli istanti forti lievi quegli istanti che (brevi e immobili)” oscuravano il mio volto, il mio universo, non erano più me ma noi. Ma ora, ora “ecco qui i giorni più veri, senza più maschere e vetri mentre la mia anima guarda il destino che ride davanti a noi“.
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