Dalla morte delle api al tecno-stress

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Come tutti sappiamo la tecnologia in questi ultimi anni ha portato numerosi benefici ma anche numerosi problemi.
Tra questi, sia come beneficio che come problema, ha portato un accelerazione vertiginosa dei tempi di reazione.

Se pochi anni fa per chiunque era normale muoversi verso un negozio e prendersi il proprio tempo per scegliere un prodotto, inviare una lettera e attendere pazientemente una risposta, fare una telefonata e attenderne un’altra nei giorni successivi, oggi siamo molto meno disposti ad attendere.
Mail, messaggi, chat ci spingono ad accelerare. Comprare compulsivamente con pochi click, pretendere risposte in pochi istanti, comunicare compulsivamente senza ragionare.
Accade quando ci interfacciamo con il mondo esterno ma accade anche e soprattutto nel mondo lavorativo: sempre più spesso i progetti vanno fatti per ieri. Riunioni online, mail, reminder permettono scelte veloci e l’abitudine alle scelte veloci spinge a correre. Si riescono a seguire più task contemporaneamente a pena del rischio di farli tutti male ma con il risultato di raggiungere comunque un numero maggiore di risultati.

Si tratta di un’esperienza comune, accade nella gran parte degli ambienti lavorativi e non, e sono soprattutto sentiti in ambienti dove si abbia a che fare con l’informatica e le telecomunicazioni.
Si comincia a parlare finalmente di tecno-stress, una nuova forma di stress causata dalle continue interruzioni, dal continuo cambio da un operazione ad un altra e dal bisogno di realizzare tutto e subito.

I sintomi sono mal di testa (44,5%), calo della concentrazione (35,4%), nervosismo e alterazione dell’umore (33,8%), tensioni neuromuscolari (28,5%), stanchezza cronica (23,3%), insonnia (22,9%), ansia (20.4%), disturbi gastro-intestinali (15,8%), dermatite da stress (6,9%), alterazioni comportamentali (7,1%), attacchi di panico (2,6%) e depressione (2,1%).
Senza considerare la dipendenza dalla tecnologia digitale.
(fonte: https://www.tecnostress.it/tag/sintomi)

Il business al momento viene considerato più importante dei rischi correlati al tecno-stress: come per quanto riguarda in generale i problemi legati alla sfera psicologica tutto viene preso sotto gamba. In fondo quello che conta sono i risultati, ed il fatto che stiano comunque venendo raggiunti. Maggiore stress per molti dirigenti significa maggiore rendimento, quindi maggiori risultati.
Non conta che questi risultati siano davvero i migliori raggiungibili, conta che siano raggiunti.

In questi giorni leggendo un libro sullo sviluppo evoluzionistico della mente sono incappato nelle seguenti parole. L’argomento era l’improvviso abbattimento della popolazione delle api nel mondo che si è palesata intorno al 2007 e che ancora preoccupa per le conseguenze devastanti che potrebbe avere sull’intero genere vegetale sul nostro pianeta.

In molti paesi, tutto a un tratto le colonie di api cominciarono a deperire e di conseguenza cessò l’impollinazione di tutte quelle coltivazioni -mele, fragole, e molte altre- che si affidano a loro.
Data l’importanza economica di questi insetti in quanto impollinatori, la causa dei «collassi» è stata intensamente studiata. Dev’essere qualcosa diffuso a livello mondiale – non un fattore locale.

D’altra parte, il fenomeno si manifestò molto repentinamente. Un parassita? Un fungo? Tossine chimiche?
Quando glielo chiesi, Barron mi disse: «Sì, stanno cominciando a capire che cosa succede».
Qual è la causa? Mi rispose che a quanto pare, non esiste un singolo fattore Piuttosto, nell’arco di molti anni, nella vita delle api è comparso un numero sempre maggiore di piccoli stress: più inquinanti, più microrganismi nuovi, meno habitat.
Per un lungo periodo, mentre questi stress andavano accumulandosi, le api sono riuscite a compensare. Le colonie assorbivano lo stress lavorando più intensamente.
A poco a poco, però, benché non stessero soffrendo in modo visibile e palese, le api esaurirono la capacità di tamponare questi problemi.
Alla fine si raggiunse un punto critico, e le colonie cominciarono a deperire. Andarono incontro a un deterioramento impressionante visibile – non a causa dell’improvvisa diffusione di qualche parassita nocivo, ma perché la loro capacità di assorbire gli stress si era ormai esaurita.

Altre menti: Peter Godfrey-Smith

Credo che questo sia più o meno quello che sta succedendo in molti ambienti lavorativi. Quello che sta causando turn over di dipendenti come fossero ondate di morie improvvise. Quello che sta facendo diventare le persone più nervose, più aggressive, più instabili.

Abbiamo allargato il consumismo non più solo sui prodotti ma anche sulla forza lavoro che produce tali prodotti.
Lo abbiamo allargato a noi stessi.

Quando potrà reggere questo meccanismo del tutto e subito, del pronto per ieri, del valutare il numero di risultati e non la qualità dei risultati?

Secondo uno recente studio svolto da Netdipendenza Onlus in collaborazione con l’Associazione italiana formatori salute e sicurezza sul lavoro (Aifos) il 45% dei lavoratori digitali soffre di tecno-stress (https://tinyurl.com/t44edbb), a partire dai sintomi più lievi a quelli più gravi.

Forse è il caso di guardarci attorno e rallentare?

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Questo blog non è solo sull’Uso Consapevole Delle Tecnologie

Questo è un blog politico. Che piaccia o no. Ma difficilmente mi si vedrà schierato a favore di un partito, o contro un partito… per partito preso.
Politica è essere o non essere razzisti, essere o non essere a favore dei diritti e delle libertà, politica è scegliere di buttare per terra una cartaccia o di raccoglierla e metterla in un cestino della differenziata, politica è scegliere tra accogliere o discriminare, sono tutte cose che non sono di destra o di sinistra, che non dovrebbero appartenere a l’uno o all’altra fazione politica. Sono “cosa pubblica”, sono bene pubblico.
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Come l’ombra, nessuno di noi esiste se non per l’immagine che proietta.
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Come l’ombra, il mezzo che ci proietta -la luce se vogliamo- è fuori da ogni nostro controllo.
Stefano Giolo
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