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L'Aquila, in 300 nella zona rossa: "Io non ridevo"

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Appalti G8, quegli imprenditori che ridono del terremoto

Gli aquilani si sono ritrovati in piazza con cartelli con scritto “Io non ridevo” e “Riapriamo la nostra città” in segno di protesta alla luce delle intercettazioni divulgate negli ultimi giorni relative all’inchiesta fiorentina sugli appalti del G8, ed hanno forzato un posto di blocco all’altezza dei Quattro cantoni, nel cuore della zona rossa, per entrare a Piazza Palazzo, considerata inaccessibile.

Dopo aver creato su Facebook il gruppo “Quelli che a L’Aquila alle 3:32 non ridevano” i cittadini hanno organizzato la mobilitazione a scopo dimostrativo per riappropiarsi del centro storico distrutto dal sisma e ancora oggi transennato e coperto da macerie e immondizia. Le vie del centro sono disabitate e dopo la fine dell’emergenza gli aquilani non desiderano altro che tornare a ripopolare quelle strade dove dove sono nati e cresciuti, dove hanno “dato il primo bacio e dove si sono innamorati” come ci ha detto Massimo creatore del gruppo nato sul social network all’indomani delle intercettazioni sugli appalti.

Le forze dell’ordine, dalla polizia all’Esercito, hanno provato a impedire ai manifestanti, circa 300, di varcare le barricate della zona rossa, ma è stato inutile: al primo tentativo di forzare i blocchi, le persone preposte al posto di guardia hanno preferito lasciar defluire la gente onde evitare disordini.

Così i manifestanti hanno raggiunto piazza Palazzo, la stessa in cui un mese fa era stato celebrato un Consiglio comunale tra cumuli di macerie. Gli stessi cumuli su cui una decina di persone sono salite, rivendicando la propria rabbia per non avere più a disposizione la loro città. Simbolicamente ogni persona ha preso con sé una pietra da quelle macerie residue dai crolli del terremoto di Aprile.

“Non possono portarci via 700 anni di storia – ha commentato Giusi Pitari, tra i manifestanti – è ora di riprenderci la nostra città, siamo indignati – ha proseguito – anche di fronte all’assenza dei nostri rappresentanti istituzionali”.

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FONTE

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