Viviamo in un mondo complesso, e molti chiamano quella che stiamo vivendo l’era dell’Informazione.
Tutto ci viene fornito apparentemente su un piatto d’argento e abbiamo la netta impressione di essere in grado di reperire qualunque informazione di cui abbiamo bisogno. Nel tempo però è diventato sempre più difficile distinguere informazioni vere da informazioni false.
La stessa convinzione di poter reperire qualunque informazione tuttavia sembra stia causando una maggiore radicalizzazione delle idee. Vale per quelle religiose dove non esiste solo una radicalizzazione delle correnti islamiche ma anche di molte correnti cattoliche o religiose in genere, vale per la politica che sta diventando sempre più polarizzata e divisiva con inasprimenti delle posizioni che portano verso estremi, vale per un odio o un amore incondizionato per le conquiste mediche e scientifiche, vale per le tesi animaliste o naturaliste, per movimenti pro o contro le persone LGBTI, ormai qualunque idea sta diventando radicale, qualunque scontro sta diventando assoluto.
Andando verso questa direzione di inasprimento è probabile che scontri come quelli che sono già avvenuti in Francia o in Spagna o negli Stati Uniti avvengano presto anche da noi e alcune “scese in piazza” recenti, anche se ancora poco seguite lo fanno presagire.
Ma perché sta accadendo?
In realtà è sempre accaduto, ma su una scala decisamente minore. Se pensiamo ai movimenti del ”68, gruppi di operai, studenti, intellettuali e gruppi etnici minoritari avevano cominciato a riunirsi in collettivi e da questi ricevevano le notizie e le informazioni, mediate dall’ideologia degli stessi; se pensiamo alle grandi dittature di stampo fascista o comunista le informazioni che il popolo riceveva venivano mediate (e censurate) dagli organi di regime e il risultato era una forte radicalizzazione a favore di chi produceva e controllava le notizie o al contrario una forte radicalizzazione contro di esse da parte di chi era consapevole della manipolazione o semplicemente chi per opporsi si trovava nella posizione di trarre informazioni e notizie dalla fazione opposta.
Ma allora se siamo nell’era dell’informazione perché questo fenomeno dovrebbe ripetersi? Perché siamo nell’era dell’informazione, non della corretta informazione, e soprattutto perché molti di noi non hanno la necessaria conoscenza per padroneggiare la tecnologia che usano.
Ognuno di noi ha la percezione di trovare tutte le informazioni di cui ha bisogno, basta una ricerca su Google per trovarle, basta un giro sui social network per essere investiti da informazioni e notizie. Sembra estremamente semplice, tanto che spesso tendiamo a considerare implicitamente poco svegli quelli che non trovano o non ricevono le stesse notizie. Se siamo per esempio sostenitori di una certa idea (politica, religiosa, sportiva, non importa) troviamo molto facilmente notizie che sostengono quell’idea e ci sembra al limite dell’assurdo che le altre persone attorno a noi non leggano o non vedano quelle stesse notizie che per noi sono scontate.
Per fare un esempio legato all’attuale situazione pandemica, chi è convinto che la malattia Covid-19 non esista o che le mascherine siano dannose continua a trovare conferme anche senza cercarle, le loro bacheche dei social, le loro ricerca sui motori di ricerca, tutto li convince della loro tesi negazionista. Al contempo però chi sceglie di fidarsi di OMS, medicina e scienza tende a trovare sui social e sui motori di ricerche soprattutto informazioni che confermano le loro teorie. Questo causa da ambo le parti un inasprimento delle posizioni: entrambi pensano possibile che siano così stupidi da non vedere quante conferme ci sono?
Che cosa sta succedendo?
Il meccanismo è subdolo anche se non propriamente deliberato, tuttavia è importante conoscerlo. Sia che si sia in una fazione sia che si sia nell’altra, perché probabilmente se ci si sente parte di una fazione si è caduti nello stesso meccanismo di chi si sente in quella opposta.
Non serve tirare in ballo grandi operazioni come Cambridge Analytica (https://tinyurl.com/y2djkywh) o tentativi di controllo dell’opinione pubblica, quello che accade è semplicemente il meccanismo intrinseco di funzionamento dei motori di ricerca e dei social network. Non dobbiamo scordare che le società che li hanno creati hanno come obiettivo principale la monetizzazione, e raggiungono la monetizzazione mostrandoci quanta più pubblicità possibile. Per raggiungere tale obbiettivo il primo passo è quello di mostrarci quello che più ci interessa. Lo stesso meccanismo che muove qualunque azienda che si occupi di media da sempre.
Ai tempi in cui a spadroneggiare erano le radio e le televisioni il meccanismo era quello dell’indagine di mercato su vasta scala: alla gente piacciono i talk show? Produciamo più talk show. Alla gente piacciono i film di azione? Produciamo più film di azione. E in mezzo mostriamo la pubblicità. Se c’era una minoranza di persone che per esempio preferiva i documentari, restava una minoranza, quindi i documentari erano relegati alla sera tardi o su canali minori che non riuscendo ad avere grande share sceglievano di rivolgersi a una nicchia che per quanto piccola fosse stabile.
Oggi, grazie alla tecnologia, questo meccanismo di targeting è molto più puntuale ed efficace. I contenuti che visualizziamo possono essere talmente dinamici da essere unici per ognuno di noi. Il motore di ricerca o il social network può imparare i nostri comportamenti, i nostri interessi, le nostre idee e una volta fatto può fornirci i contenuti che più ci interessano per convincerci a usarlo nuovamente.
Dimostrarlo è piuttosto semplice, aprendo ad esempio Google basta scrivere una frase come “Il riscaldamento globale” e guardare i suggerimenti che vengono mostrati

Già da questo è facile comprendere come Google ci consideri, se pensa che siamo convinti che non esista ci fornirà soprattutto contenuti legati alla non esistenza, cose come “Il riscaldamento globale non esiste”, “Il riscaldamento globale è inventato”, “Il riscaldamento globale è un complotto”, se invece pensa che siamo convinti che esista ci fornirà suggerimenti come “Il riscaldamento globale cause”, “Il riscaldamento globale e Greta Thunberg”, “Il riscaldamento globale possibili soluzioni”.
Questo ci porta per forza di cose a rafforzare le nostre idee, e rafforzare le nostre idee porta gli algoritmi dei motori di ricerca e dei social che usiamo a rafforzare l’idea che hanno di noi e fornirci ulteriori contenuti di quel genere, in un ciclo continuo che se non consapevole potrebbe spingerci a radicalizzarci in una o nell’altra posizione, credendo stupidi quelli che hanno un’opinione diversa. Questo poi è rafforzato dalle Fake News che una o l’altra parte utilizzano per legarci ancora di più, per convincerci ancora di più, per radicalizzarci ancora di più, in un continuo ciclo.
Qual’è la soluzione?
Non è detto che una soluzione esista, né che sia necessaria. Esiste però un buon modo di utilizzare le risorse tecnologiche. Sui social network per esempio sarebbe bene seguire sia chi ha opinioni uguali alla nostra che chi le ha contrarie, quando si cerca informazioni su una tematica sarebbe bene cercare sia quello che ci si aspetta di trovare sia il suo contrario. Questo però non dovrebbe essere un’abitudine solamente legata all’uso della tecnologia ma dovrebbe essere un atteggiamento generale che dovremmo avere anche nella vita reale. Non abbiamo sempre ragione, e se abbiamo ragione è bene confermarla in un contraddittorio, non in un monologo, perché dobbiamo sempre lasciare un margine di possibilità di cambiare. Opinioni diverse o anche simili devono sempre poterci influenzare, è il processo della crescita. Se diventiamo troppo sicuri, se abbiamo la certezza assoluta, se troviamo solo conferme a quello che crediamo allora forse c’è qualcosa che non va: se la nostra opinione è così ovvia perché tutto il mondo dovrebbe stare a ripeterla in continuazione? Se moltissime persone hanno opinioni diverse dalla mia perché la mia dovrebbe essere necessariamente la risposta migliore in assoluto? Le risposte vere, quasi sempre, stanno nelle sfumature da una o l’altra parte, ma difficilmente negli assoluti.
Per approfondire la tematica di come possiamo essere influenzati dai social e dai motori di ricerca, seppure un po’ troppo sensazionalista, consiglio il documentario “The Social Dilemma” su Netflix: https://www.netflix.com/watch/81254224
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