Viscido

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Ti osservo da un po’, sei lì, seduto immobile con gli occhi chiusi.
È ora di svegliarsi mio amato, è ora di vegliarsi.
Scuoto il pavimento.
Ti osservo mentre improvvisamente apri gli occhi, lo sguardo allucinato con il quale ti guardi attorno, spaventato attonito incredulo nel buio.
Ti osservo.
Senti il morbido di quel molle pavimento sotto il tuo corpo.
Viscido.
Senti le pieghe morbide e tumide su cui sei seduto.
Viscido.
Ti osservo mentre come cieco abbassi le mani e lo tocchi, ne saggi la consistenza, cerchi di comprenderne il significato mentre la tua mente torna lentamente attiva, lentamente.
Ti metti a carponi mentre speri che il tuo sguardo si abitui al rossastro buio che ti circonda.
Ti metti a carponi e tocchi
viscido
ciò che ti circonda.
Vedo nei tuoi occhi la paura, il dubbio, l’incomprensione prima e poi lentamente montante dal nulla all’estremo il panico.
Ti alzi in piedi e urli a squarciagola, urli, urli come se qualcuno potesse sentirti ma solo io
dentro di me
posso sentire la tua paura il tuo terrore.
Guardi la discesa di fronte a te, il buco pulsante e scuro che ti porterebbe dove non puoi sapere e mentre gli occhi si sono abituati sono più grandi, più veloci
si muovono senza tregua attorno con le tue mani, con la tua testa con il tuo collo
scivoli
per un momento scivoli verso la fossa
il buco
l’uscita sbagliata
ma ti aggrappi, ti aggrappi alle tumide pieghe rosse e non cadi
ti arrampichi, sali, ti arrampichi e torni in posizione sicura.
Ti osservi attorno circondato di questa molle situazione mentre osservi in alto e guardi l’altra possibile uscita.
Sei nella follia del panico
sei nel non controllo della paura
sei nell’ossessiva ricerca di comprensione di qualcosa che non puoi capire
urli ancora.

Urli.

Calci la parete molle accanto a te, le dai pugni, le dai calci ancora e ancora pugni urlando e non ti accorgi che in tutto questo si muove
ciò che ti circonda si muove e si agita mentre io ne godo
ma non è ancora il momento di lasciarti andare, non è ancora il momento.

Ti fermi e controlli nelle tua tasche ciò che puoi avere.
Nulla ovviamente
ma tu controlli e speri ricordando di aver scordato qualcosa

Ti siedi nuovamente sconsolato.
Con una mano carezzi una molle piega su cui seduto mentre sei sovrappensiero e questa ancora in uno spasmo si muove,
ti sposta, ti allontana
gioisco nel mentre
sorrido
Il tuo sguardo si rabbuia qualche istante, vedo le tue sopracciglia avvicinarsi tra loro, le pupille puntare verso il basso come a cercare concentrazione, il tuo sguardo si sposta leggermente di lato, verso destra,
ricordo quella tua espressione, quella di quando frughi nella tua testolina a cercare un’idea, un ricordo, un appiglio.
Non mi serve supporre o immaginare ciò che stai per fare ed infatti porti la mano alla fronte e ti massaggi le sopracciglia mentre osservi qualcosa di inesistente oltre la tua mano o meglio dentro la tua testa. So già contare i secondi che ti ci vogliono prima di vederti alzare, togliere la mano dalla faccia e guardare in basso col collo incurvato quasi a guardare così in basso da guardare sotto il tuo stesso braccio poi dopo aver fatto due passi provi ad arrampicarti sulla superficie ruvida e ricca di pieghe e mentre ti arrampichi le pieghe stesse si allargano, si muovono, si agitano sempre di più ed io ti osservo e rido e penso a quanto ti amo e quanto nella mia vita tu sia stato un punto di riferimento e al contempo rido di questa tua situazione.
Rido
e mentre rido tutto attorno a te si muove ancora si agita come se ciò che ti contiene fosse preso da convulsioni
ma non è ancora il momento, sto godendo della situazione ma come se stessi facendo l’amore con te non voglio arrivare subito al momento fatidico, voglio gustarmi ancora la tua situazione mentre scivoli e ricadi nuovamente sul fondo e scalci a terra e dai pugni con la faccia della rabbia, con la faccia di chi vorrebbe una mazza per spaccare tutto anche se non c’è niente.

Ti fermi.

Osservi.

Per un istante hai nuovamente l’aria di chi ha capito e ricominci ad arrampicarti, incessantemente nonostante le scosse, nonostante i movimenti inconsulti sali attaccato come un ragno o un geco alle pieghe e mentre queste si muovono, mentre si scuotono, mentre cercano di cacciarti tu resti aggrappato fina a giungere quasi all’uscita.

È quello il momento in cui una scossa più forte mi dice che è il momento del piacere
il momento in cui ti lascerò andare fuori per sempre dalla mia vita
il momento in cui il mio stomaco ti sputerà fuori da questo mio mondo nel cesso di un bar schifoso dietro la cui parete amici sorridenti ed ignari mi aspettano.

E ti osservo mentre risali il mio esofago impigliandoti un istante nel cardias come per trattenerti, spinto dagli acidi in cui neppure ti accorgevi di essere.

Mi sembra di vederti un istante in mezzo alla cena di questa sera mentre premo il tasto dello sciacquone, mi sembra di sentirti urlare mentre soddisfatta mi pulisco la bocca e risistemo il trucco, mentre la bolla attorno a me scompare.

Ora posso tornare a sorridere, ora posso tornare da loro.

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Disclaimer su racconti e poesie

Tutto ciò che leggi qui dentro è una libera rielaborazione di vissuti, sogni e immaginazioni. Non rispecchia necessariamente la mia realtà. Se chi legge presume di interpretare la mia vera persona, sbaglia. Se chi legge presume che tutto sia inventato, sbaglia parimenti. Se tu che leggi mi conosci, leggimi come leggeresti uno scrittore sconosciuto e non chiederti altro di diverso di ciò che chiederesti di questo.

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L’amore è l’arte più difficile. E scrivere, danzare, comporre, dipingere, sono la stessa cosa che amare. Funambolismi. La cosa più difficile è avanzare senza cadere.Maxence Fermine
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