L’argomento è vasto, tanto che ci ragiono da settimane, tanto che non mi ci sta tutto dentro la testa, tanto che probabilmente non riuscirò ad esprimerlo. Non vuole essere una recensione di un libro che tutti dovrebbero leggere e non solo conoscere o che tutti dovrebbero conoscere davvero e non solo averne sentito parlare. Ho letto l’Odissea di Omero in questi giorni. Non propriamente letto essendo un audio book e ne ho tratta una quantità enorme di riflessioni. La prima, ovvia, è che la costrizione a scuola rende noiosa anche la cosa più avvincente e spesso fruire autonomamente di qualcosa che ci è stato fornito come costrizione ci fa capire perché, sbagliando, ci hanno costretti. La seconda è senza dubbio che l’opera intera è completamente un’altra cosa rispetto a studiarne pezzetti ed ancor più rispetto ai film, almeno quelli che ho visto, che sono completamente sbilanciati. La terza e probabilmente più importante è il fatto che l’immagine che abbiamo oggi dell’eroe mitico dell’antica Grecia è probabilmente sbagliata e che di conseguenza ciò su cui si basa il nostro attuale modello di mascolinità è ancora più stupidamente sbagliato.
La gran parte dei romanzi, o in genere delle storie che si leggono oggi sembrano più costruite sul modello della fiaba che su quello di un’opera come l’Odissea. C’è un inizio, delle prove terribili da superare, una fine. Probabilmente con una morale. E l’Odissea in cosa è diversa? Innanzitutto per il fatto che Omero aveva un tantino meno esempi da cui copiare rispetto a chi scrive oggi ma soprattutto nella struttura. Omero ha scritto un’opera per me incredibilmente moderna, le morali sono decine ogni scena vuole insegnare qualcosa, i personaggi innumerevoli ma soprattutto ha una struttura per nulla lineare, partendo quasi dalla fine e ricostruendo aneddoticamente il passato cosa che in nessuno degli adattamenti cinematografici ho visto tentare di realizzare. Ogni scena è un piccolo episodio a parte in un gigantesco tutto. I ciclopi? Circe? Calipso? Tutti brevi passaggi decisamente secondari in una narrazione ampia che è la storia di un uomo che resiste per tornare a casa, di una donna che lo attende, di un figlio che lo cerca. Un uomo che trovo più umano di ogni altro personaggio di oggi. Ulisse e i suoi compagni sono forti, muscolosi, preparati, intelligenti ma soprattutto piangono. E non dico che piangono una o due volte. Piangono ogni scena o quasi. Hanno paura? Piangono e poi solo dopo aver finito le lacrime si rialzano. Muore un compagno? Piangono. Succede qualcosa di triste? Piangono fino a finire le lacrime. Lo trovo straordinariamente liberante.
Gli eroi che ancora oggi consideriamo i più mitici, gli eroi dell’antica Grecia, Ulisse, Ercole, Agamennone, piangono, soffrono, mentono, sono prima di tutto estremamente umani, fallaci, deboli e solo dopo, solo nel loro secondo strato sono invincibili. Nulla a che vedere con dei super uomini alla Rambo, James Bond, Superman, Ironman, Thor, Avengers… nulla a che vedere con gli sportivi palestrati e i macho da strada.
Ulisse è il mio mito. E piange, e non se ne vergogna.
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