Vattene lontano da me.
Lontano come oltre la vita, oltre la morte.
Lontano.
Ricordo ancora come fosse oggi la prima volta che ti incontrai, lo ricordo più di quanto la mia mente sia in grado di ricordare gli anni, i decenni ed i secoli che intercorrono tra quel momento ed oggi.
Ricordo ogni singola piega della pelle del tuo volto, del tuo collo, ricordo il movimento delle tue mani e la delicatezza delle tue dita, ricordo ogni sfumatura che i tuoi capelli illuminati dal sole presero quel giorno, ricordo il tuo modo di muovere le labbra e la semplicità del tuo sorriso che faceva apparire naturale essere felici in questo mondo oscuro e nero, ricordo il sorriso che si disegnò sul mio volto, i muscoli della faccia che non potevo osservare ma che si tendevano incontrollabili a segnalare che qualcosa dentro di me stava cambiando, che qualcosa nella mia vita non era più ciò che era stato.
Non sono mai stato una persona buona ma ho lottato sempre per il bene fino a quell’infausto giorno lontano perso disperso e vivido secondo solo all’incontrarti la prima volta.
Lottavo per un dio che non ci assiste, che non ci ama, che non ci guida, che non serve più, che avevo smesso di credere dopo quel giorno e che ora mi osteggia, mia nemesi e contrapposizione.
Lottavo per lui col sangue ed il legno, col sangue e la spada, col sangue ed il sangue anche quando con una mano ti allontanai per seguire quella che credevo una missione più grande, dicendoti che non era quello il nostro tempo, che la mia missione non era terminata ancora.
Fu al mio ritorno che non ti trovai.
Fu al mio ritorno che rinnegai me stesso e questo dio.
Fu al mio ritorno che compresi quanto la solitudine si fosse impossessata di me nel profondo.
Fu al mio ritorno che invece di allontanare da me il calice della sofferenza ne bevvi avidamente, bevvi sangue e veleno e veleno e sangue e giurai morte e sofferenza e giurai vendetta a quel dio che mi aveva privato della tua dolcezza e della tua purezza.
Giurai vendetta a me stesso.
Ritrovarti, dopo secoli è stato invece il terzo istante della mia vita, ed è stato l’istinto a spingermi a te, a farmi desiderare di godere della tua essenza cambiata, più oscura e sofferta, tu stessa rinnegata al mondo e le mie labbra fremono per assaggiare il tuo sangue, assaggiare il tuo vuoto, penetrare il tuo vuoto con ciò che guida il mio lato più oscuro.
Vattene lontano da me.
Lontano come oltre la vita, oltre la morte.
Lontano.
Perché me ne andrò ancora, perché non è questo a cui ciò che ero ambiva e ti trascinerei con me in questo vortice di inesistenza.
Preferisco, pre-ferisco, strappare la mia anima ancora -perché perduta in altri mondi- che nuovamente trascinarti giù da quella torre dove il fiume non ha ancora pulito il tuo sangue.
Vattene lontano da me o mi distruggeranno, e distruggeranno te, e il nostro nulla non sarà mai pace, non sarà mai.