A volte suoni, a volte sei Dio, a volte sei Il Male, a volte il silenzio esprime meglio il tuo essere.
O se le due cose fossero una unica?
E se fossero invece totalmente due cose distinte, non legate?
A cosa era dovuto l’umore? E a cosa il pessimo suonare? Cosa importa? Il “pubblico”, la gente attorno ha le proprie opinioni, ha il proprio mondo, che ruota nella propria direzione.
Ho scritto un libro tempo fa “Luna Nuova”, si dovrei sistemarlo, migliorarlo, è ancora una bozza, nelle mani di chiunque voglia cercarlo ma ancora solo una bozza.
Talvolta scopro che forse è proprio quello che io considero il verso sbagliato quello giusto, quello verso cui il mondo, il mio mondo -senza tanti generalismi, senza tanti pessimismi universali, senza tanti era meglio quando si stava peggio, non esistono più le mezze stagioni e simili, il MIO mondo, ciò che mi circonda- spinga davvero tutto in una direzione che non è quella che io scelgo, quella che io spero.
Mi guardo intorno e mi scopro girato a guardare nella direzione giusta-sbagliata che non è la direzione dove va il resto di me.
E poi il mondo ruota, cambiano le prospettive, cambiano mille cose, ma alcune no. E sono quelle contro cui eternamente remo. Quelle restano fisse. Forse quello è il vero unico verso giusto, quello contro cui remo.Mi torna alla mente un discorso fatto anni fa con una mia vecchia cara amica, Francesca, filosofa non tanto per la laurea che ha quanto per ciò che è, in una delle tante ore fatte girando a vuoto in macchina. Non so se fosse una visione sua o di qualche “filosofo riconosciuto” ma parlava di noi persone come sfere, palle di pongo che ruotano. Nasciamo di un colore, o forse neppure e poi cominciamo a rotolare in salita, verso una vetta. Che vetta? Non si sa, rotoliamo.
Ci incontriamo con altri, ci mescoliamo un po’, alcuni nostri pezzi si mescolano ai pezzi degli altri, alcuni li perdiamo per strada scontrandoci con qualcosa, e qualcuno passando su questi pezzi li raccoglie ed entrano a far parte di lui.
E la nostra superficie un tempo liscia si trova nel tempo piena di segni, di colori, di pezzi di se e di altri. Graffi, sfregi e intarsi stupendi.
Qualcuno rotolando si consuma, diventa sempre più piccolo, sempre più disgregato, qualcuno invece cresce, si modifica si riempie. E ancora ci si incontra, ci si scambia.
Alla fine quanto di noi è nostro e quanto è raccolto? Non importa. Siamo noi, cresciuti cambiati.
Ed andiamo in salita, qualche volta si cede, e ci si lascia rotolare verso valle, possiamo riuscire a frenare, scontrarci contro un oggetto che ci ferisce, scontrarci con qualcuno che ci frena nella discesa lasciandoci qualche pezzo di se, lasciandogli qualche pezzo di noi.
E avanti verso questa salita, verso questa meta che forse qualcuno raggiunge, forse qualcuno no.
Questa stessa teoria che scrivo non è già più la sua, ne è mia, contaminata tra le sue parole e i miei pensieri, e forse cose che ho raccolto altrove, contaminata un po’ anche dai miei vettori e le mie torri che poi non sono miei, ne forse di chi me li ha mostrati. A proposito non ho ancora trovato un filosofo disposto a smontare le mie teorie. Mi hanno pure rapinato del quaderno su cui ho scritto per anni. Dove per rapinato si intende rapina a mano armata. Lasciamo perdere armata di cosa, grazie.
Dove ruota la ruota?
Qual’è il lato “giusto” della medaglia, quello dritto e quello storto?
Avrei spaccato il mondo se me ne si fosse data la possibilità.
Non volevo una leva per alzare il mondo, bastava ciò che avevo dentro.
E così prendo la moneta, la ruoto dall’altra parte e la guardo.
Davvero è così diversa?
La lancio.
Testa o croce?
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