In questi giorni si è fatto un tanto parlare di un ragazzino che denunciato dalla madre per uso di sostanze stupefacenti si è buttato dalla finestra durante la perquisizione delle forze dell’ordine. Ci ho pensato parecchio, ci ho pensato perché conosco ragazzini che fumano, ci ho pensato perché anche come capo scout tutto questo deve interessarmi, ci ho pensato perché mi sembra tutto sbagliato. Tutti i discorsi che ne sono nati. Sia chi accusa la madre di poco tatto per il quale lui si sarebbe suicidato, sia per chi dice impugna il vessillo di “liberalizziamola” dicendo che se fosse libera non sarebbe accaduto, chi dice che i ragazzi non dovrebbero fumare, chi dice che dovrebbero essere liberi di farlo che non fa male. Nessuno si interroga su perché il ragazzo si sia suicidato. La verità, credo, è che il motivo per cui quel ragazzo si è suicidato è perché tutti si limitano a chiedersi cosa sia accaduto quel giorno.
Premesso che nessuno di noi lettori di giornali, o fruitori di telegiornali avrà mai sufficienti informazioni per sapere che cosa sia accaduto, come fosse la vita di quella famiglia e il passato di quel ragazzo io coglierei l’occasione per non fare nessuno schieramento né a favore né contro di nulla, ne dell’uso o liberalizzazione delle droghe, né del comportamento corretto o scorretto della madre o delle forze dell’ordine o di altro. Di strumentalizzazioni, spesso becere, ne sono state fatte abbastanza.
La verità, e ne sono piuttosto convinto, è che nessuno si suicida per una situazione. Nessuno si suicida per la vergogna di essere stato beccato con le mani nella marmellata, come nessuno si suicida per essere stato lasciato dalla donna o per aver perso il lavoro, ma i media, noi osservatori esterni ogni volta che accade ci chiediamo cosa fosse successo negli ultimi dieci minuti, forse nell’ultima giornata. No.
Nessuno a meno che sia estremamente stupido si suicida in un giorno. Il suicidio è qualcosa che la persona medita, pensa, costruisce e riflette in mesi, anni, forse tutta la propria esistenza. Il suicidio accade quando una persona si trova ad essere completamente isolata dalla società che lo circonda, e non isolata nel senso che nessuno gli parla ma che da un lato nessuno lo comprende dall’altro la persona non riesce a trovare il corretto modo di esprimersi e farsi comprendere. Accade quando i ponti delle comunicazioni con l’esterno sono ormai da troppo tempo recisi, quando si perde la speranza di ricostruirne. Se qualcuno si uccide per essere stato trovato con le mani nella marmellata è stata solo la goccia che ha fatto traboccare un gigantesco vaso grande come il mare. Sarebbe potuto accadere il giorno dopo per qualcos’altro, o il giorno dopo ancora, ma non è quella la causa scatenante. Non lo è mai. Proprio il fatto che la società veda il suicidio in questo modo paradossalmente è una delle cause del suicidio perché ancora una volta dimostra, a chi è ancora vivo e ci sta pensando, come il senso di essere incompreso dagli altri abbia un fondamento.
E la droga? La droga cosa c’entra in tutto questo? La droga è la stessa cosa. Una forma di suicidio controllato mal interpretato dalla società. Le persone hanno paura che uno spinello porti alle droghe pesanti, ma non è questo il reale nesso logico. Quasi certamente le droghe pesanti per arrivare passano dallo spinello, sì, è normale provare prima qualcosa di semplice prima di rischiare troppo, ma il nesso logico è un altro. Non è lo spinello a portare alla droga pesante quanto non è l’essere scoperto che porta al suicidio, a portare alle droghe pesanti è lo stesso genere di malessere, di incomunicabilità, di insoddisfazione, di bisogno di fuga che porta al desiderio di morire, solo con alcune differenze come la paura di morire, la speranza che possa essere un momento di passaggio o altre cose simili. Non è vietando il fumo che si eviterà l’eroina, non è essendo accondiscendenti che si eviterà il suicidio è amando la persona, dandogli modo di fare esperienze che riempiano la vita e non il tempo vuoto, è migliorando la vita a trecentosessanta gradi che si può evitarli, non pensando agli ultimi dieci minuti in cui ci si ha litigato. Non significa sia facile, non significa che ci sia un metodo per farlo ma finché pensiamo che uno si faccia di eroina perché si era fatto uno spinello o che si suicidi perché ha litigato con qualcuno sicuramente stiamo guardando nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.
Di persone che si sono fatti spinelli per provare e non sono diventate tossicodipendenti c’è pieno il mondo, e qual’è il vero discriminante se non tutto il resto della loro vita? La soddisfazione, la noia, l’amore delle persone care, la realizzazione personale. Non lo spinello, non il litigio, non la punizione ma tutto il resto.
Finché la società non capirà questo continuerà a guardare dalla parte sbagliata, a non capire, a non risolvere.
Lascia un commento