"La mia uniforme significa di più da quei giorni, dal tuo incontro, da quei colori"

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Pensavo al processo mentale che mi porta a scrivere, spesso non parte da un concetto ma da una frase.
Questa mattina nella mia mente ruotava una frase “la mia uniforme significa di più da quei giorni, dal tuo incontro, da quei colori” e con questa frase, in mezzo a questa frase, il fulcro attorno cui questa frase gira è un volto, un sorriso, dei ricordi. Parte così la mia scrittura e da lì anche a me stesso è ignoto cosa ne uscirà.
Potrei scrivere di lei, potrei scrivere solo dello scoutismo, potrei scrivere di quasliasi cosa, potrei scrivere in un meta-discorso quello che avrei scritto senza in realtà scriverlo.
Lo scopo certo è quello di trasmettere le emozioni che ho dentro, di trasmettere che la mia vita è cambiata, di trasmettere.
Parte così una digressione che io stesso seguo, come la penna corresse ed io tenendola per il guinzaglio la seguissi, una penna con un collare bianco, una camicia azzurra, un fazzolettone arancione che corre corre, una piccola penna nera che da qualche parte ancora scrive.
“La mia uniforme significa di più da quei giorni, dal tuo incontro, da quei colori” acquista un significato nuovo, un peso nuovo e ad indossarla fluiscono i ricordi come nuova energia, sorrido, rido e penso a cosa diresti tu, che poi alla fin fine è quasi sempre quello che direi io: qualcosa di assurdo e stupido, penso alla tua risata che ritieni sguaiata, e poi penso ai bimbi, agli adulti, ai ragazzi che abbiamo conosciuto, penso alle case crollate, penso che la vita ha davvero uno scopo quando questo scopo è aggiungere almeno una goccia anonima nel mare, penso all’infinita quantità di coincidenze che mi ha portato quei giorni ad essere in quei luoghi nonostante le avversità, a come io inconsciamente abbia cercato con forza di arrivarvi.
E così ne scrivo, sempre seguendo quella penna, sempre lasciando che scivoli via dove vuole perché tanto tornerà, o almeno così è bello pensare finché si può “La mia uniforme significa di più da quei giorni, dal tuo incontro, da quei colori” porto al collo un fazzolettone arancione su quell’uniforme nei miei pensieri e sei sorrisi amici, sei abbracci, sei fratelli e tanti bimbi, persone, adulti, tanti sogni raccolti tra le frasi, tra le parole, gli scambi gli affetti, gli abbracci. Si rianima l’anima al contatto di questi pensieri al ricordo di questi scambi.
Guardo in alto, guardo il cielo e ringrazio Dio di ogni cosa, di te, di me, di tutto quel che è stato e di quel che sarà, di questo azzurro che ho dentro, dell’arancione che mi attornia e del vento.
“La mia uniforme significa di più da quei giorni, dal tuo incontro, da quei colori” e così la mia digressione continua, continua in ogni parola, pensiero, azione, puramente viva come freccia proiettata verso cosa non so, nella vita, nei sogni, in ciò che sono e sarò.
Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare, la bonaccia d’agosto non calmerà i nostri sensi.

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