Scrivere per me è come camminare, passo passo, come viaggiare.
Inizia un progetto, anzi no, inizia un passo che può essere una poesia, un racconto, una singola frase, e poi intravedo il secondo, non lo vedo, non so come sarà ma lo intravedo, talvolta ne intravedo diversi altri.
E mi incammino.
Ad un certo punto mi trovo talvolta, non sempre, a conoscere la meta dove arriverò, ma mai la strada, solo qualche passo, i prossimi passi.
Una volta scrissi una frase, parlava di un uomo che fuggiva immobile da un albero, ci vollero sette anni per raggiungere la meta e completare quell’idea, tre per capire dove sarebbe andata a parare.
Passo passo,
passo passo.
Un giorno mi venne in mente “Luna Nuova”, niente altro, e da lì nacque un libro intero.
Molti viaggi sono ancora lontani dall’iniziarsi, “Contrapposizioni di Contrapposizioni”, “Il romanzo circolare”, “Il Romanzo dei bivi”, “il romanzo musicale”, “Il Pensiero”, “L’opera omnia”, “Progetto 2″….
Un altro giorno invece scrissi la mia poesia più bella e che nessuno mai potrà più leggere, non la capii neppure io: camminavo da solo al buio nei binari morti della stazione di Verona scrissi “Rievocazione dei sensi” su un pezzo di carta, lo rimisi in tasca. Molto tempo dopo, chissà un anno credo, giocavo con una pallina di carta in tasca, la tirai fuori, la aprii delicatamente per non distruggerla e lessi “Rievocazione dei sensi”. Capii solo allora il senso di ciò che avevo scritto.
Passo passo.
Un giorno mi venne un’idea: rappresentarmi come una linea retta, ed ora vedo dei passi, e conosco la meta, ma non ho la più pallida idea di quanti saranno i passi, di quali saranno.
Intanto cammino, proseguo, vado avanti… sempre nella mia direzione.
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