Staipa’s Blog

Il Blog di Stefano Giolo, divulgazione informatica, uso consapevole tecnologia, e fatti miei

I social possono influenzare la mia mente?

Tempo di lettura 8 minuti

La domanda i social possono influenzare la mia mente? sembra quasi provenire da una storia di fantascienza o da una versione aggiornata di 1984 di George Orwell, quello che ha inventato il concetto di Grande Fratello. Sembra ridicolo che frequentare un sito possa influenzare la nostra mente no? Eppure, entro certi limiti questo accade e il miglior modo per evitarlo è quello di esserne consapevoli.

Il meccanismo su cui si basa la possibile influenza sulla nostra mente è essenzialmente lo stesso su cui si basa la pubblicità. Molti di noi sono convinti di esserne immuni, io ad esempio dico sempre che alla fine degli spot pubblicitari non mi ricordo neppure la marca del prodotto, eppure tutti noi costruiamo involontariamente dei preconcetti che ci spingono a credere migliori determinate marche rispetto ad altre pur non avendole mai provate. Ci viene naturale pensare che una marca di un detersivo di cui abbiamo sentito molte volte il nome sia migliore di una di cui non abbiamo mai sentito parlare, anche se probabilmente la gran parte di noi non ha neppure idea di cosa ci sia dentro a un detersivo e come funzioni.
Scegliamo di acquistare acqua di una certa marca perché siamo convinti che sia migliore di quella di un’altra o di quella del rubinetto nonostante non abbiamo le competenze per valutare le analisi chimiche e spesso sbagliando scelta (Acqua minerale e potabile a confronto https://www.altroconsumo.it/alimentazione/acqua/news/acqua-minerale-e-potabile-a-confronto).

Il semplice vedere e rivedere, sentire e risentire qualcosa, che sia un marchio, un nome, una frase entra sempre e comunque involontariamente all’interno del nostro modo di ragionare e influenza le scelte che faremo più avanti.

Ma questo cosa ha a che fare con i social network? Non sono io a scegliere cosa vedere e cosa no? Non sono io tramite i miei gusti e interessi a influenzare la mia bacheca? Sì. Ma anche no.

L’identità digitale

Ho già toccato questo argomento in alcuni altri articoli

Ma in questo caso vorrei approfondire maggiormente il discorso. Come già detto altre volte lo scopo principale di un qualunque prodotto o servizio che venga sviluppato è certamente il ritorno economico. Questo fa sì che molti di questi, in particolare i social network vivano essenzialmente di pubblicità. Non è di questo che voglio parlare ma è da questo che necessariamente devo partire.

Un tempo quando la pubblicità era quasi solamente quella dei cartelloni, la radiotelevisione e i giornali si utilizzavano dei “semplici” metodi di targeting. Semplificando molto, il cartellone pubblicitario di un certo prodotto andava posizionato in una zona della città dove c’era alta probabilità che passasse qualcuno di interessato, e non in zone dove nessuno di interessato lo avrebbe visto, in radiotelevisione le pubblicità per bambini andavano mandate durante gli orari in cui i bambini guardavano la televisione mentre quelle riguardanti il cibo vicino ai pasti, sui giornali per donne venivano pubblicizzati profumi e vestiti, su quelli per uomini strumenti per la palestra e automobili potenti.

Oggi, grazie ai social network, è possibile fare un targeting decisamente più preciso e avanzato, grazie appunto all’identità digitale. In questo articolo per identità digitale, si intenderà in senso lato, non quella legata allo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) o specifiche identità digitali di specifici altri servizi.
Una identità digitale è una serie di informazioni digitali univoche che fanno riferimento ad una persona fisica identificandola e rappresentandone interessi e caratteristiche. In pratica sono i dati che qualcuno o qualcosa ha raccolto su di una persona fisica, possono contenere nome, cognome, indirizzi, recapiti, ma anche gusti, interessi o altro. A partire dall’interesse per tematiche, o prodotti per arrivare potenzialmente ai gusti e orientamenti sessuali, religiosi e ideologici, legami affettivi, malattie. Dipende tutto dai siti/gruppi/ambienti digitali che frequentiamo e dalle ricerche che facciamo.
La cosa interessante è che tale identità digitale può esistere anche senza che il sistema sia a conoscenza del nostro nome, cognome o recapiti, basta essere iscritti al servizio, usare uno dei servizi correlati o visitare un sito che utilizzi il servizio.

Se parliamo di Facebook, per fare un esempio, per avere un’identità digitale all’interno dei suoi servizi sarà sufficiente aver utilizzato WhatsApp, Instagram, o visitare siti che contengono script di profilazione di Facebook, ossia quasi tutti.
La profilazione inizierà anche solo dal registrare le informazioni del browser con cui navighiamo, sarà fatto attraverso Cookies ma anche solo salvando informazioni come risoluzione dello schermo, browser, sistema operativo, e una serie di dettagli che tendenzialmente rendono la vostra impronta digitale univoca. Quando tale impronta viene rilevata altrove la vostra identità digitale viene arricchita. Visitiamo siti di politica? Verrà salvato nella nostra identità digitale, visitiamo siti di wedding planning? Verrà salvato nella nostra identità digitale. Visitiamo siti per incontri, verrà salvato nella nostra identità digitale.

A questo punto chi possieda una versione della nostra identità digitale sarà in grado di veicolare nei nostri confronti la pubblicità perfetta per noi. Amiamo i calzini con i gattini, riceveremo pubblicità con i gattini sui calzini. Amiamo le penne rosa? Penne rosa avremo nelle nostre pubblicità. L’idea è semplice, e per qualcuno anche piacevole. Trovarsi la pubblicità giusta al momento giusto a volte può risolvere piccoli problemi quotidiani, no?

Il rovescio della medaglia

Se probabilmente tutto questo è nato con una forma di buona fede nel tempo ne sono usciti i lati non solo negativi ma perfino pericolosi.

Il primo dei risvolti è quello che questo sistema può essere utilizzato anche per veicolare ad ogni utente i contentini preferiti degli utenti. In soldoni chiunque frequenti un social network lo fa in genere per un piacere personale, per passare il tempo, più trova contenuti interessanti e piacevoli più continuerà a frequentarlo. Se il social network conosce perfettamente gli interessi di quella persona potrà fornirgli i contenuti che lei preferisce. Questo è il motivo per il quale ognuno di noi vede una bacheca completamente diversa, con notizie diverse, contenuti diversi. Lo scopo è attrarci e renderci più interessante l’utilizzo del servizio. Questo può certamente causare una dipendenza dall’uso dei social network o da Internet, ma non è il tema principale di questo articolo.

Tutte queste informazioni vengono noleggiate a chi vuole veicolare forme di pubblicità. Non si tratta di un vero e proprio noleggio ovviamente perché le informazioni, estremamente preziose, restano sempre in possesso di chi le raccoglie, quello che viene fornito è la possibilità di raggiungere target specifici: nella fattispecie se io ho bisogno di far raggiungere un messaggio pubblicitario a un target specifico non dovrò fare altro che pagare un social network per farlo e questo saprà esattamente quali utenti raggiungere.

Ma se questo venisse usato per fini pericolosi? Qui sta il punto. Ed è già accaduto e documentato per esempio con lo scandalo Cambridge Analytica (https://it.wikipedia.org/wiki/Scandalo_Facebook-Cambridge_Analytica). Se attraverso la profilazione degli utenti è possibile raccogliere un sufficiente campione di persone sensibili a un determinato tema è possibile bombardarle non con pubblicità ma con informazioni vere o false su un determinato tema modificando l’opinione pubblica. Per fare un esempio se riesco a trovare un target di persone che abbiano paura delle diversità o che abbiano determinate chiusure a livello psicologico verso gli stranieri sarà facile bombardarle di notizie che li mettano in allarme verso i migranti, non importa se notizie vere o false, così facendo la loro posizione in fase di elezioni si sposterà inesorabilmente verso un certo modo di fare politica o si allontanerà da un altro. Ed è quello che è accaduto appunto nel caso di Cambridge Analytica.

Questo ovviamente è un macro-scandalo ben noto, ma quante altre cose è possibile fare? Quante opinioni è possibile variare?

Il problema dei Bias Cognitivi

Tutti siamo vittima di questo genere di meccanismi, colti e ignoranti, intelligenti e meno intelligenti. Ci piace considerare vere le notizie che confermano le nostre opinioni, ci piace considerare false quelle che le smentiscono. Ne ho parlato più approfonditamente nell’articolo Come riconoscere una Fake News? Parte 3: Come sono fatte. Se abbiamo già un’opinione o una paura su un argomento e qualcuno sceglie di bombardarci di informazioni simili noi tenderemo per forza di cose a rafforzare la nostra opinione e a non andare in cerca di smentite. Ma se la nostra opinione fosse quella sbagliata?

Questo meccanismo viene poi amplificato ulteriormente dal fatto che quando il social network aggiungerà al nostro profilo il nostro interesse per quella tematica il bombardamento aumenterà ancora esponendoci maggiormente a questo rischio. Lui lo fa per compiacerci, ma noi potremmo riceverne inconsapevolmente un danno difficilmente riparabile.

Probabilmente questa è la causa delle radicalizzazioni sempre più forti degli ultimi anni. Io ho un’idea e sui social trovo infinite conferme e sempre meno smentite, questo mi porta a pensare che chi non abbia la mia stessa opinione non sia degno di stima, non sia intelligente, in quanto quello che per me è palese per lui non lo è. La mia idea si rafforza, il mio disprezzo nei confronti di chi ha opinioni diverse pure. In un continuo circolo vizioso.

Esistono modi per evitarlo?

No, ma sì. La soluzione più radicale sarebbe quella di allontanarsi da ogni social network, da ogni motore di ricerca, in pratica da Internet e la tecnologia, ma esistono soluzioni intermedie. Quella probabilmente più efficace è continuare a informarsi sia sulle proprie opinioni sia su quelle opposte in modo che la nostra identità digitale, come quella reale siano il più possibile pluraliste. Riceveremo notizie e informazioni da tutti i fronti, i nostri e gli opposti, e impareremo a discernere con la testa e a non lasciare che sia un algoritmo a scegliere per noi.

Esistono modi per evitare la profilazione?

Sì, ma no. Su computer si possono installare delle estensioni del browser come uBolock (https://it.wikipedia.org/wiki/UBlock_Origin) che oltre a fermare la pubblicità cercano di fermare gli script interni ai siti che raccolgono informazioni per i vari servizi social o pubblicitari, alcuni browser come Microsoft Edge e Mozilla Firefox includono nelle loro opzioni la possibilità di attivare blocchi simili ma su smartphone (per quanto io ne sappia) non esistono strumenti analoghi perché impediti dal sistema operativo di base.

In alternativa alcuni Browser come Microsoft Edge danno la possibilità già di base di impedire ai tracker dei siti di raccogliere alcune informazioni e lo fanno meglio di altri che invece sono votati proprio alla raccolta delle informazioni stesse.


L’unica altra strada, limitatamente a quanto possibile è cercare in ogni singola servizio le opzioni per disabilitare il più possibile la profilazione, per questo consiglio questo articolo di wired Pubblicità e privacy, come bloccare chi spia i tuoi dati online (https://www.wired.it/internet/web/2019/06/01/pubblicita-privacy/) che si riferisce a Facebook, Google e Twitter o un completo documento redatto dalla Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili (CILD) Anonimato_In_Rete-1.pdf (https://cild.eu/wp-content/uploads/2019/12/Anonimato_In_Rete-1.pdf).
Va tenuto conto però che limitando la possibilità di questi servizi di salvare informazioni in genere sarà il servizio stesso a diventare limitato e meno efficace o utile.

Altre fonti interessanti

A compendio di tutto questo consiglio i seguenti documentari:

Voi fare una domanda per uno dei prossimi articoli? Falla qui!





    Qui puoi trovare tutte le domande semplici: https://short.staipa.it/ledomandesemplici

    Conferenze

    Sono disponibile per l'organizzazione di conferenze su Uso consapevole delle tecnologie, e su Come riconoscere le Fake News, o altri temi analoghi. Potete contattarmi attraverso i miei contatti su questo sito. Le conferenze possono essere declinate per formazione per adolescenti, formazione per genitori o formazione per insegnanti. Potete visitare l'apposita pagina Conferenze e Corsi per maggiori informazioni.

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    6 thoughts on “I social possono influenzare la mia mente?

      1. Paola Peretti Ti consiglio “The Social Dilemma”, anche se va preso un po’ con le pinze. Diciamo che a volte qua e là sfoga nel quasi complottaro. Però nella giusta misura fa capire molte cose

      2. E il documentario The Great Hack – Privacy violata, anzi direi che l’ordine in cui guardarli sarebbe: prima
        il TexdX qui sopra e The Great Hack, che sono i due più seri e affidabili, poi “The Social Dilemma” che devia un po’ troppo ma non è malaccio

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